Nella solitudine dei miei attimi rincorro le nuvole cavalcandole per un po’: viaggi. Le mie parole svaniscono prima ancora che affiorino chiare. Sei andato, portandoti via l’amore ed ora non ho più parole. Così, nel silenzio che mi è sceso nell’anima scrivo parole trasparenti: saprà qualcuno leggerne il senso? Nelle tue paure, non hai potuto immaginare che l’amore dev’esser in qualche modo detto, urlato, confessato, ribadito, mai scontato. Ed ora sono muta, col cuore annientato, per aver anch’io taciuto.
E il tempo scorre come un torrente lento come acqua impastata di fango e di anguille
Arrivano giorni di strana allegria e la vita è un pesce dalle scaglie d’oro, non sa dove nuota nell’acqua bizzarra che risale il corso del fiume come una trota crudele
Arrivano giorni che hanno il volto del cielo specchiato sul tuo viso nascosto: non lo senti respirare
Non dirmi che la tela si scolora mentre nel vento corrono le foglie. Se c’è un riflesso bianco tra i capelli sarà il sole che gioca a nascondino tra le chiome del cielo, se le mani mostran solchi assetati come campi d’agosto e vene scure sarà il rinnovarsi della nuova stagione che chiede nuova linfa.
E non voglio sentire stasera parole d’abbandono mentre ti accarezzo dolcemente il viso e ti guardo negli occhi. Se una nube scura li attraversa saranno stormi di liberi pensieri in libero volo verso l’imbrunire, se una lacrima compare sulla soglia del tuo volto ancora di bambina sarà una perla caduta questa sera dal forziere dorato delle stelle a rischiararci la strada del domani.
Immagine: Pink Dream di Vladimir Volegov (particolare)*** Ascolta questa poesia nel podcast di Nicla Morletti e Robert: clicca qui. Per commentare clicca qui.
è con profondo sgomento che ti scrivo queste righe. Io che dicevo che non mi sarei mai innamorato, che avrei dedicato tutta la mia vita all’insegnamento della musica, mi sono cacciato in un bel guaio e, poiché non ho nessuno a cui confidare le mie pene, racconterò a te ciò che mi affligge. Sono stato preso a servizio da una nobile famiglia, i Leydet de Fos-Briançon-Jarjayes, affinché dia lezioni di musica alla loro figliola, Christine. Credimi, se ti dico che ella è la più soave fanciulla che abbia mai visto in tutta la mia vita! Fin dal primo momento che ho posato gli occhi su di lei, il mio cuore ne è stato irrimediabilmente rapito. Ha le labbra come boccioli di rosa e il suo incarnato è talmente candido da sembrare di porcellana. E che dire dei suoi capelli? Pare che il sole si sia posato fra i suoi riccioli d’oro, donando loro tutta la sua luminosità. Mai ho potuto ammirare cotanta bellezza in una donna, eppure non potrò manifestarle ciò che provo. Non sono che un umile servo e certamente non posso aspirare alla mano di una fanciulla di alto lignaggio come lei. Non mi resta che lasciare il mio impiego e partire al più presto. Qui è pericoloso rimanere; rischierei di tradire i miei sentimenti, come è già accaduto. L’altro giorno la mia mano ha per caso sfiorato la sua e l’emozione è stata così forte che mi sono messo a tremare. Per fortuna ella non si è accorta di nulla, ma non posso continuare così. Pertanto ho deciso di imbarcarmi con la prima nave diretta nel Nuovo Mondo e che la fortuna mi assista. Il tuo amico André Jacob Elie
Nei sentieri del tempo lontano mi perdo fra soavi echi di canti che a te mi conducono su note di vita in petali d’infinito dischiusa Fiorivano i mandorli d’un bianco candore… – Inesorabile destino, lama nel cuore –
Su ali di brezza leggera il nome tuo rincorro dissolto all’ombra del nulla un mattino d’estate mentre l’aurora esplodeva in perlacei bagliori Cieli tersi ad accogliere il planare dei gabbiani… – Mille e mille volte ti chiamo, inutile voce –
Fra le ciglia mute del rimpianto mi adagio a palpebre socchiuse per respirare il tuo respiro sulle labbra assaporando le tue labbra ancora Baci d’ambrosia ad addolcire istanti smarriti… – E desiderio di brace, e palpiti d’attesa –
Da memorie di miele e di spine mi lascio ferire sfiorando la notte che silente riflette lo sguardo ove d’estasi mi specchiavo ritrovando me stessa Carezze d’azzurro sulla mia pelle fremente… – Occhi negli occhi, fusione d’anime amanti –
A cuscini di stelle d’oro le mie lacrime affido fra scie d’eterno e di noi avvinti per sempre in sussurri ebbri d’amore che la luna emoziona Voli di falene su spartiti d’archi e di piano… – Astro fra gli astri, tu la mia luce, tu e solo tu –
Una fiamma ha aperto il cielo ad occidente. Le tue finestre ardono di sole. Il tuo volto s’innalza in mille specchi e accieca la mia volontà.
Nel silenzio i tuoi occhi mi cercano – mi succhiano le vene. Apro il corpo al tuo abbraccio estremo perché tu ne faccia una sola essenza con l’anima – e tutto mi respiri.
Ora dimentico la viottola cieca del tempo e vivo il sangue del ragazzo e lo sguardo del vecchio nella tenda aperta della sera.
Non smettere mai di amarmi perché il sole potrebbe scomparire di giorno e di notte la luna non smettere mai di amarmi per non far piangere gli alberi e le foglie e i fiori e le stelle non cesserò di amarti affinché la primavera germogli sempre ad ogni stagione e perché le montagne e i boschi e le valli portano l’eco delle tue parole, delle mie parole amore che scivola sul mondo con ali di farfalla sul carro alato di papaveri rossi delle notti senza tempo.
Immagine: dipinto di Heinz Scholnhammer (particolare)
*** Ascolta questa poesia letta da Robert: clicca qui. Per commentare clicca qui.
Anche quest’anno, nella Giornata Mondiale della Poesia, Nicla Morletti inaugura il Concorso di Emozioni. Domani pubblicheremo anche una mia poesia e faremo subito una pausa per le festività di Pasqua. Cominceremo a pubblicare le opere degli autori che partecipano a questa edizione del Concorso da Martedì 25 marzo. Auguro a tutti un bellissimo Concorso di Emozioni e un felicissimo inizio di Primavera. * Robert *
Ricerco un senso a quel che sento. Il desiderio tinge di rosso ogni pensiero che ti rivolgo. Labbra che si cercano, si trovano, si fondono in un’unica cosa che non vuole dividersi più. Non trovo risposte. Trovo solo Te.
Cuore, non posso dormire questa notte né future altre tenebre. Se è vero che il sonno è sospensione di pena continua a palpitare affinché io possa ancora penare di questo amore che m’arde come edera intrecciata sotto le braccia del sole e del fuoco e del fumo sì sazia sino a morire.
Resta il pianto spezzato d’un papavero reciso. La carezza affilata ne spegne il respiro, e remissivo si piega tremando alla luce. Nei petali densi del tramonto più acceso già spiega la morte in silenzi increspati e cela la fine tra pieghe sottili. Pensando all’amore dietro una cieca panchina, arrossisce e si copre, non muore, s’inchina.