Se n’è andata, in silenzio, con tutta la sua poesia nel cuore, Maria Luisa Spaziani, famosa poetessa, francesista, traduttrice e aforista, fondatrice del Premio Montale. E’ deceduta il 30 giugno nella sua bella casa romana dove si respira ancora la magia delle sue parole e dei suoi versi. Lei era la poesia allo stato puro. Lei era e resta mia amica. E lo resterà per sempre. Ricordo le sue battute argute, la sua simpatia, la sua gentilezza, la sua dolcezza. La ricordo radiosa e solare anche quando le fu assegnato il Premio Molinello alla Carriera nel 2006. Incantò tutti con la sua fervida dialettica e con la sua simpatia. Ricordo molti dei giorni trascorsi insieme, uno in particolare che desidero raccontare, mentre le invio il mio ultimo saluto insieme al vento che, dopo una giornata di pioggia, soffia forte e scuote gli oleandri in fiore.
Siamo sedute l’una accanto all’altra Maria Luisa Spaziani ed io, in un ristorante sul mare a Sestri Levante.
Settembre, le onde che si alzano, gli spruzzi sulla vetrata. Gabbiani in volo. Poesia. Concorso letterario Maestrale Marengo D’oro, gli autori che si affollano attorno. Lei ha ricevuto il Premio alla Carriera. Io il primo premio per la narrativa edita con il romanzo “Difficili, impossibili amori” edito da Giuseppe Laterza.
Maria Luisa ha capelli biondo oro e due occhi di un azzurro intenso che buca l’anima. Due occhi che narrano la sua storia, una storia che viene da molto lontano e porta in sé gli echi della poesia del novecento, di parole che hanno preso vita e si sono amalgamate nei migliori salotti letterari italiani. Di versi catturati alla vita come note nostalgiche e lontane che hanno il fascino di amori sempre vissuti e mai sepolti nelle regioni del cuore. Lo si percepisce stando accanto a lei, questo alone di pura poesia che conserva ancora l’anima di Eugenio Montale.
Quando due anime si uniscono nel sodalizio della parola nascono mondi immensi e giardini di stelle si accendono nel firmamento della poesia.
Dialoghiamo insieme Maria Luisa Spaziani ed io, con piacere, tra piatti di ostriche, calamari, antipasti vari di pesce. Mi parla di principesse russe e di Giovanna D’Arco, una donna dal carisma straordinario secondo lei. La donna come dovrebbe essere dopo ogni femminismo riuscito, e cioè una creatura che abbia le stesse potenzialità di un uomo ma che agisce autonomamente, secondo il suo personale destino, secondo i suoi gusti, le sue scelte, in stretta simbiosi con l’universo maschile.
A fine pasto Maria Luisa apre la borsetta, mi strizza l’occhio, poi dice: “Adesso ci mettiamo un po’ di rossetto e di cipria. Ti va, fanciulla?” Sorrido complice di queste delizie tutte femminili. Poi le chiedo del suo incontro con Eugenio Montale. Mi prende la mano, mi racconta prima una barzelletta divertentissima e poi, con voce calda e suadente, inizia l’interessante racconto. “Pur conoscendo ‘Ossi di Seppia’ ed il suo grande valore, non desideravo incontrare Montale. Ne avevo sentito parlare male: dicevano che fosse misantropo, misogino, scostante, che non sorridesse mai. Ma poi un angelo me l’ha spedito a Torino e per curiosità sono andata a una sua conferenza al Teatro Carignano il 14 gennaio 1949. Mentre stavo per uscire, la direttrice mi dice: ‘Si fermi che vogliamo presentare i giovani poeti torinesi a Montale.’ Io non mi sentivo poeta, perché non avevo pubblicato niente e poi ero molto intimidita. Eravamo sei persone in fila. Montale passava, ad occhi bassi, senza guardare in faccia nessuno. Dava la mano a tutti e diceva: ‘Piacere, piacere.’
Stavo per scappare quando lui arrivò davanti a me e appena sentì il mio nome alzò gli occhi e disse: ‘Ah, è lei.’ Rimasi senza fiato e dissi la prima banalità che mi venne in mente per vincere l’imbarazzo: ‘Viene a pranzo da me domani?’
E lui: ‘Sì’.”
E lui mi aspetterà nell’ ipertempo,
sorridente e puntuale, con saluti
e storie che alle poverette orecchie
dell’arrivata parranno incredibili.
Ma riconoscerà, lui, ciò che gli dico?
In poche note o versi qui raccolgo
i messaggi essenziali. Un altro raggio,
aria diversa glieli tradurrà.
(Viaggio Verona – Parigi 1987 – 1990, da “I fasti dell’ortica, 1996”)
Poco tempo dopo il primo incontro, Maria Luisa Spaziani trova lavoro nell’ufficio stampa di una ditta anglocinese a Milano. Anche Montale si è trasferito di recente a Milano dove lavora per il Corriere della Sera. Iniziano a vedersi ogni giorno, avendo anche un’altra complicità: quella del canto.
“Sodalizio è una bella parola un po’ vecchia che vuol dire un’unione profonda di due creature, sulla base di cose comuni. Questa base di fondo tra me e lui è stata sempre poesia – Maria Luisa Spaziani”.
Nicla Morletti
Di Maria Luisa Spaziani io ricordo quella inconfondibile voce che ancora oggi mi pare di sentire. E’ una voce che conobbi da bambina, allorchè il mio maestro delle Elementari quasi ogni giorno ci faceva ascoltare una breve rubrica radiofonica dove si leggevano delle poesie. A leggere quest’ultime era proprio la signora Spaziani. Da allora sono trascorsi più di cinquant’anni, ma non ho mai dimenticato quegli appuntamenti quotidiani con quella voce che parlava di poesia. Adesso che lei non c’è più fisicamente, mi chiedo se per caso a gettare in me un seme d’amore per la Poesia non fosse stata proprio lei. Da anni scrivo poesie per il piacere di scriverle.
Mi associo all’addio a Maria Luisa Spaziani, che ho conosciuto nel 2010 e di cui conserverò lo splendido ricordo, i preziosi consigli,il piglio con cui si accingeva a scrivere poesia, le perle di saggezza colte dai felici incontri di questi anni. E’ stata coraggio e vita la signora Spaziani; mi definì, un giorno, “intelligente, sensibile e colta”, le ricordavo la sua Giovanna D’arco, diceva, ma cosa dovrei dire allora io di lei? Grazie Signora Spaziani, il nostro è solo un arrivederci; ci rivedremo, prima o poi, fino ad allora la sua poesia mi ridonerà la sua presenza, e la sua rara amicizia.