Gli anni dal 1943 al 1952 a Bergamo, con sfondo centrale i fatti della Seconda Guerra Mondiale, storie di quotidiana sofferenza e infanzia perduta raccontate dal piccolo Pietro, uno dei bambini del Brefotrofio, situato in uno dei padiglioni dell’Ospedale Maggiore. Il bambino protagonista, raccolto nei primi giorni di gennaio del ’44 dai gendarmi dopo che la madre l’ha lasciato solo, e consegnato al Brefotrofio da un fantomatico zio, funge da voce narrante dei fatti tragici della guerra a Bergamo, raccontando la sua vita e quella di tanti altri bambini “esposti all’abbandono”, piccoli e innocenti testimoni della povertà, del silenzio, della fame e della solitudine, ma racconta anche dei preti coraggiosi, degli arresti frequenti, delle sparizioni delle persone care. Superata la guerra, Pietro deve fare i conti con il mondo fuori, ma grazie alla vicinanza di uno degli Impiegati al Registro del Brefotrofio, trova la forza di intraprendere il suo solitario cammino nel mondo, solo lui e la sua “valigia rossa”, unico dono rimastogli della madre, madre che cercherà per tutta la vita, fino al finale commosso e dolente. Un libro sull’amore di un bambino verso la sua mamma, ma anche di una mamma verso il suo bambino, tenace come edera, struggente come la rugiada, innocente come l’Infanzia perduta.
Anteprima del libro
Il mio primo ricordo è la veduta imponente e austera del grande edificio che mi avrebbe ospitato da quel giorno in poi: il Brefotrofio di Bergamo, situato in uno dei padiglioni che comprendeva l’enorme Ospedale Maggiore della città, il “Principessa di Piemonte”.
Era una fredda alba dei primi giorni di gennaio del 1944 ed io mi trovavo davanti al portone scuro in legno di noce, guardando in su, come all’apertura del Regno. Accanto a me l’uomo che si diceva mio zio, un tipo panciuto e serio che sembrava voler scappare via da lì il più velocemente possibile. Ma non ero sicuro che fosse davvero mio zio. Non l’avevo mai visto, neanche sapevo che avessi degli zii, in realtà neanche sapevo di essere al mondo. Comunque sia, avevo accettato le cose, come un cagnolino trasportato su un carretto: non potevo fare altro, d’altra parte avevo solo quattro anni, ed ero stato raccolto dalla massa di coperte in cui mi ero avvoltolato da due giorni, da quando cioè mia madre Lavinia mi aveva lasciato solo.
Mentre osservavo il legno scuro del battente, sentivo il freddo aggredire il mio cappottino leggero, troppo grande per il mio minuscolo corpicino denutrito, ma troppo leggero per resistere al freddo pungente della pianura lombarda, nebbiosa e umida come i miei giorni sulla terra. Non avevo in mente nulla che potesse alleggerire il mio cuore galoppante, ero vuoto, come un animaletto, senza parole, anche perché nessuno mai aveva dato motivo di fornirmi parole. In mano avevo la mia valigetta rossa, chiusa con due ganci dorati, la cosa più preziosa che possedessi. Dentro c’era tutta la mia vita fino a quel momento.
Intorno il silenzio dei campi avvolti dalla nebbia e le figure spettrali dei padiglioni lontani dell’Ospedale che emergevano come fantasmi a ghermirmi.
Ad un tratto una lama di luce filtrò nell’aprirsi del battente ed un’ombra scura ritagliò la sua sagoma avvolgendomi tutto.
«Chi è?» Una voce austera e catarrosa sgretolò il silenzio.
Mio zio si tolse il berretto sudicio e accennò un inchino.
«Devo vedere il Signor Rettore, sono d’accordo. Ho il bambino.»
Sentii gli occhi dell’ombra squadrarmi, anche se non li vedevo. Poi fece un verso e si scostò lasciandoci entrare.
L’interno era caldo, o almeno più caldo rispetto all’esterno, e al primo impatto avvertii un formicolio alla pelle del viso. Lo stanzone era ampio, piastrellato a mattonelle bianche e nere, con ai lati ripiani di marmo, cassapanche e sculture di vari santi. Un lumino schiariva la statua della Madonna Immacolata, bella e fredda con i suoi occhi rivolti al cielo. La figura nera era una suora, che, svolazzando con la tonaca, si girò imboccando il lungo corridoio in ombra senza volgere alcun cenno. Lo zio mi sospinse in avanti e la seguì. Il corridoio aveva una serie di finestre buie disegnate a riquadri, con delle rientranze profonde. Avanzammo fino ad una doppia porta grigia con la parte superiore a vetri opachi, e fummo in un mondo di lucentezza. Tutto riluceva, lucidato a puntino e il marrone del legno primeggiava. Una scala si perdeva in alto, ma noi proseguimmo lungo il corridoio senza più finestre, solo porte e porte chiuse, fino a quella in fondo, contrassegnata dalla scritta “Direzione”. La suora bussò leggermente e una voce rispose. Poi aprì uno spiraglio intrufolandosi svelta, chiudendosela alle spalle.
Noi attendemmo in piedi rigidi a piedi uniti. Mi scappava la pipì, ma non vedevo nessun buco per farla, lo zio in alto accanto a me fissava il pomolo concentrato, a destra un quadro con un vecchio dalla faccia cattivissima mi osservava. La porta si riaprì e la suora si scostò per farci entrare. Superandola sentii il suo odore di sudore caldo, penetrante.
Ci ritrovammo in una sala circolare, dove svettava una scrivania imponente e squadrata, resa ancor più massiccia dalla figura seduta dietro di essa, un uomo austero e possente, di cui vedevo solo il volto bianco e il petto ampio chiuso da un vestito nero su cui svettava un crocifisso dorato grande come la mia testa.
«Signor Benetti, eccola qui. Bene.»
Lo zio chinò il capo. «Signor Rettore.»
L’uomo abbassò gli occhi su di me. «Tu sai perché sei qui?»
Sentii gli occhi bruciarmi dalle lacrime. Il Direttore si rivolse allo zio. «Il bambino è consapevole del suo destino?»
Lo zio mi pizzicò il braccio da sotto il tavolo. «Sì, Eccellenza. Ma è timido.» Mi ingiunse: «Di’ il tuo nome, come si conviene ad un bambino educato.»
«Mi chiamo Pietro, signor Direttore.»
«Bene, Pietro. E poi?»
Volsi il capo in su, verso lo zio. Che cognome dovevo dare?
«Gli hanno dato il cognome Esposto, Eccellenza. Non sapevano altro e il bambino non era in grado di dire nulla, dopo che l’hanno recuperato.»
L’uomo assentì. «Capisco.»
Rimase un poco pensieroso, poi si alzò sbrigativo. «Bene, direi che siamo a posto, signor Benetti.
In attesa di compimento delle indagini dell’autorità di pubblica sicurezza e dell’autorità giudiziaria atte a identificare la genitrice dell’infante medesimo, il bambino rimarrà in custodia del nostro Collegio, secondo la nostra Dottrina di santa pietà cristiana. Resta intesa da parte sua, signor Benetti, l’assicurazione che l’accolto non abbia alcuna famiglia a cui fare riferimento e che lei stesso, tutore in tempore del minore, non possegga i mezzi di sostentamento atti a garantire la sua permanenza in famiglia.»
Lo zio chinò il capo assentendo, mentre un forte rossore si diffondeva su tutta la sua testa, non so se per la vergogna o per il sollievo.
Il bambino con la valigia rossa
di Aurora Cantini
2016, 172 p.
Silele
Con mia grande sorpresa e anche gioia ho ricevuto proprio oggi la copia del suo libro che mi appresto a leggere, è stato veramente un bel regalo da parte sua. Il libro è ben fatto e anche la copertina è molto suggestiva visti i colori usati e lucida mette in risalto il titolo del libro raffigurato nel disegno. Non è un libro lunghissimo e scritto chiaro e leggibile, visto che ho qualche problema di vista. La ringrazio calorosamente per avermi inviato il testo completo e spero di poterle dare un giudizio sul contenuto in breve tempo.
Un saluto e a risentirci per un nuovo commento.
Buon lavoro . Paola
Grazie Paola, per il suo apprezzamento!
Il Bambino con la valigia rossa è una storia vera, e mai come in questo periodo storico la dura tragica realtà dei bambini abbandonati, senza famiglia, senza una casa, è sotto gli occhi di tutti. Non abbiamo imparato niente dai nostri errori, continuiamo a distruggere la nostra stessa eredità, i nostri bambini!
Pietro oggi se ne è andato, dopo aver vissuto una vita intera alla ricerca di quel volto di cui non conosceva la cornice, se non attraverso il suo stesso profilo quando si guardava allo specchio. Se è interessata a questa tematica, le consiglio la lettura della storia inedita, il proseguo della storia di questo bambino nato negli anni di guerra: “Ero un figlio di N.N.”.
Una dura realtà vista dagli occhi ingenui e fanciulleschi di un bambino, dall’anteprima noto la semplicità e la scorrevolezza della narrazione, mi ha colpita la frase “guardando in su, come all’apertura del Regno” il piccolo Pietro con l’immaginazione e l’innocenza dei bambini avrà sperato che dietro a quella porta ci fosse un regno di quelli fatati come sognati nelle favole? Anche in questo caso noto una copertina curata… un paese stilizzato sullo sfondo, poi polvere e macerie, un bimbo a testa bassa che accenna forse ad un lieve sorriso, colori scuri che rievocano il periodo buio… e poi lei la valigia rossa che spicca con i suoi colori, una valigia di ricordi, magari di sogni e di speranza? mi ha dato l’idea di una successione temporale… il paese stilizzato prima della guerra, polvere e macerie durante la guerra, il bambino che si trova immerso in tutto questo e la valigia rossa che proietta verso il futuro, con la consapevolezza del passato. Sarei davvero felice se l’Autrice potesse inviarmene una copia per aver la possibilità di leggere l’intero libro e fornire un commento più approfondito. Cordialmente.
Grazie di cuore, Romina per l’analisi curata della copertina! La valigia rossa esiste davvero, è ancora là, abbandonata sul pavimento dell’ex Manicomio di Vercelli, dove venne ricoverata la mia prozia Margherita nel 1930 idopo che era impazzita di dolore per la morte nella Grande Guerra dei tre frateli del marito e dello stesso marito il sergente alpino Celestino Elia Carrara sopraffatto e devastato dalle ferite di guerra. In quel manicomio ci rimase fino alla morte, per più di 30 anni ed è stato quasi una forza misteriosa a farmi scegliere di usare la valigia rossa come unico conforto prezioso che il piccolo Pietro aveva con sé al momento della sua entrata al Brefotrofio di Bergamo.
Grazie mille per la risposta al mio commento. Grazie per le informazioni che ha voluto gentilmente fornirmi anche in merito all’esistenza reale di una valigia rossa da Lei notata in uno di quei tristi luoghi che sono stati il “rifugio o la prigione” ti tante altre vittime della Guerra, che ha segnato profondamente le persone. Non solo racconti storici sul susseguirsi degli eventi del periodo, ma vere e proprie storie di persone, di sentimenti, di chi ha vissuto direttamente il periodo, visto con i loro occhi. Dalle poche righe che ho letto dell’anteprima, dalla copertina e dal Suo commento ho notato la grande accuratezza ed importanza che fornisce ai dettagli. Una valigia rossa abbandonata in una stanza triste, cupa ed impersonale, racchiude in se la storia ed i ricordi di vita vera. Complimenti davvero!!! Buona giornata
Aurora Cantini, un nome una garanzia! Complimenti vivissimi perché solo dall’anteprima anche questo suo libro appare curato in ogni minimo dettaglio.
Grazie Valentina, il tuo apprezzamento mi è davvero caro!
Il mondo sommerso delle migliaia di bambini senza nome
è una pagina ancora poco conosciuta della nostra realtà.
Prego.
Ha ragione! Meno male che ci sono scrittori come lei che riportano alla ribalta questo tema a volte considerato scomodo.
Leggendo l’anteprima del libro ho provato una grande tristezza al pensiero del piccolo Pietro abbandonato cosi’ piccolo e nello stesso tempo tanta curiosità di sapere come andrà a finire
Gentile Roberta,
è una gioia per me leggere parole così gentili e delicate! La storia del piccolo Pietro è basata su una esperienza vera, carica di umanità e innocente fanciullezza. Ti auguro davvero di poter leggere il libro e seguire la crescita e l’avventura del piccolo Pietro, così piccino eppur così grande.
Aurora
Grazie Aurora. Sapere che è una storia vera un pò mi rattrista. Attendo il libro con ansia e non vedo l’ora di recensirlo
Grazie Roberta, volentieri ti manderò una copia per la recensione. Mandami il tuo recapito. Aurora
Gentilissima Aurora Cantini, se vuole spedire una copia omaggio a un lettore può mettersi in contatto diretto con lui richiedendo il suo recapito postale via mail, utilizzando proprio l’indirizzo email del lettore che appare nella notifica che riceve ogni volta che qualcuno commenta la sua opera. Diversamente deve attendere che la Redazione le invii gli indirizzi dei lettori secondo i tempi più consoni alla propria organizzazione del lavoro ed ovviamente tali tempi sono necessariamente più lunghi (spediamo più indirizzi tutti insieme e non uno per volta).
L’anteprima di questo romanzo suscita in me una profonda commozione e allo stesso tempo tristezza per la storia che viene descritta. La lettura scorre fluida ed è interessante vedere con gli occhi un bambino che si affaccia alla sua misera vita di bambino orfano. Mi piace il modo in cui l’autrice descrive i dettagli senza appesantire molto la scrittura ma concentrandosi sui sentimenti che quel piccolo bambino prova nella situazione in cui si trova. Complimenti all’autrice che è riuscita benissimo ad emozionare il lettore che si accosta timidamente alla lettura di questo romanzo!
Cara Teresa, le sue parole mi hanno dato una carica enorme, vivida come fiamma, grazie!
Spero possa continuare la lettura del mio romanzo!
Con stima,
Aurora
Un libro che si presenta commovente e avvolge con la sua sensibilità….da cornice la discreta Bergamo, mia città….vorrei proprio continuare a seguire questa storia vissuta dal cuore di un piccolo innocente
Gentile Stefano, onorata di poter condividere cone lei l’amore per Bergamo, spero davvero che possa continuare a seguire questa storia. Aurora
E brava aurora Cantini che si è classificata in finale nel nostro concorso letterario il picchio due anni fa, ora sono
curioso di leggere il suo romanzo.
Ciao Gino, un grande onore per me aver potuto condividere con te un pezzo del nostro comune cammino letterario! Spero davvero che tu possa leggere questo mio romanzo! Aurora
Bella trama storica della seconda guerra mondiale vista attraverso gli occhi di un piccolo ‘esposto’ durante il suo ingresso in Brefotrofio dopo l’abbandono della madre. Mi piacerebbe tanto sapere il resto della storia di Pietro.
Cara Graziella, è anche una mia gioia poter far sì che possa sapere il resto della storia di Pietro! Aurora
L’introduzione suscita già molta emozione e tristezza per le vicende di quel periodo, se poi vengono descritte attraverso gli occhi e i sentimenti di un bambino, hanno un maggiore impatto emotivo… Sarà sicuramente una storia ricca di emozioni forti
Grazie Anna Maria per le dolci e delicate parole! Anche perché il romanzo è basato su una storia vera, che mi ha colpito molto e che ho trasportato sulla carta. Aurora
Ho trovato estremamente toccante l’anteprima di questo libro e vorrei avere il piacere di poterlo leggere per intero.
Cara Elena, spero che riesca ad avere la possibilità di poter leggere questo mio romanzo per intero. Aurora
Mi sembra un libro impegnato e un po’ triste , ma vista la trama potrebbe essere un buon libro da leggere durante le feste natalizie con qualche lacrima, dall’anteprima mi sembra abbastanza semplice la lettura, visto un periodo storico difficile raccontato da un bambino e i termini sono comprensibili e mi piacerebbe poterne leggere il resto, se mi fosse spedita una copia. speriamo.
Cara Paola, la tristezza di cui parla ovviamente è presente nel romanzo, la storia è basata sulla vera e tragica esperienza di un mio amico nato negli Anni Quaranta, non è stato facile riuscire a non esagerare con le “lacrime” ma a descrivere anche i momenti “belli” della vita al Brefotrofio. Spero di esserci riuscita e se lei potesse leggere il mio romanzo per intero, sarei curiosa poi di conoscere la sua opinione. Aurora
Cara autrice Aurora, grazie per aver risposto al mio commento, mi auguro vivamente di poter leggere il suo libro. non sempre gli autori rispondono a tutti i commenti delle persone interessate alle anteprima dei libri e per me la sua risposta indica che il commento lasciato non è passato inosservato.. con sincera gratitudine e nella speranza di poter leggere l’intero suo testo la saluto e le auguro una buona domenica..Paola.
Grazie a lei Paola, vera linfa per noi autori!!!
Gentile Paola, se mi manda il recapito le invierò una copia, per una recensione.Aurora
Un racconto denso di emozioni. Già dalle prime righe mi pare di rivivere attraverso gli occhi di quel bambino quella struggente realtà di guerra e povertà.
Sono molto curiosa di scoprire tutte le pagine del libro e spero che il mio desiderio venga esaudito.
Cara Beatrice, spero davvero che lei possa scoprire tutte le pagine del mio libro, sarebbe una gioia per me! Aurora
Raccontare la vita e la tragicità della guerra con gli occhi di un bambino. Racconto interessante che colpisce fin dall’anteprima. Mi piacerebbe tanto poterne continuare la lettura.
Gentile Elena, io stessa ho sempre amato i romanzi con protagonisti i bambini, esempio il mio primo libro letto “Jane Eyre” e poi “I Ragazzi della Via Pal”, spero davvero che possa continuarne la lettura! Aurora