sabato, 23 Settembre 2023
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Estate 2005 e dintorni: sproloqui notturni in cerca di audizione…

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ESTATE 2005 E DINTORNI: sproloqui notturni in cerca di audizione e comunque, fatalmente, alle stelle!...

Un libro di poesie che nei loro versi accarezzano lievi come brezza marina, “tremuli come stelle della notte”, “ondeggianti come la biada al suono stonato del vento”.
Si rimane affascinati dalla descrizione di “quelle nuvole basse che sbiadiscono la notte in processione per i venti del mondo”, “dal lume fresco della pioggia d’agosto” e dal profumo della terra che si spande lento. Attraggono quelle “stelle che amoreggiano nella penombra appese a un filo invisibile”.
Giochi belli di parole avvolgono il lettore in girandole di emozioni. Qua e là un pizzico d’ironia nel descrivere il gioco della vita, i suoi affanni, le ansie, le attese.
Fotografie di volti e paesaggi si alternano a pagine di intensa poesia. E poi… “In certe sere d’estate le nuvole basse / sbiadiscono la notte e / se ne vanno / in processione per i venti del mondo…”. Nicla Morletti

Anteprima del libro

Dalla nota dell’Autore

Ho sempre pensato che esistono non poche assonanze tra una poesia e una fotografia e quindi tra un poeta e un fotografo. Certo, la poesia è vecchia quanto l’uomo, mentre la fotografia nasce molto tempo dopo. Entrambe però hanno la “straordinaria capacità (o semplicemente la velleità)” di sfidare le leggi del tempo, nel tentativo di arrestarne la corsa.
In questa ottica, poesia e fotografia sembra facciano a gara nell’usare lo stesso materiale finale, la “CARTA”, rispettivamente stampata e fotosensibile.
Sfruttando mezzi diversi, alla fine il poeta e il fotografo tendono a “INCIDERE SU UN FOGLIO DI CARTA DEI SIMBOLI GRAFICI”, dei graffiti più o meno complessi, più o meno comprensibili che in ogni caso sono un tentativo (in qualche modo riuscito) di bloccare, se non il TEMPO, una parte infinitesima dello stesso.
Partendo da tale riflessione, ho provato e trovato un gran gusto nell’affiancare ad ogni sproloquio una foto che potesse servire, vista la insuperabile immediatezza del linguaggio fotografico, a meglio definire il senso delle parole e viceversa. Anche perché, nel dubbio che “io speriamo che me la sia cavata” (come poeta), ho la speranza che, ALLA FINE, almeno “come fotologo” mi accordiate la sufficienza.

Finibus Terrae

(al paese natale, passando per un compagno di scuola che ormai non c’è più
e per la prof.ssa Concettina Franco)

C’era una volta e forse c’è ancora,
un posto incantato di biade e scogliere
scheggiate dal mare più intenso del mondo
e mai più profondo di un palmo di mano….

…E c’era una terra, mia madre da sempre,
affogata in due mari invidiosi di lei:
Madre bianca e imbrunita, oltre i bagliori del buio,
da ulivi assetati e ubriachi di luce.

C’è ancora una terra, che si perde nel mare,
scivolandovi dentro senza troppi clamori,
tra ondeggiare di biade e fumi alti e lenti,
tra silenzi assordanti e dolcissime nenie,
tra il tramonto che muore dove il mare comincia
e il ricordo nostalgico del tempo più lento,
che tardava anni luce a passare in un colpo
ed adesso, in un attimo, divora gli anni e la luce!

Dove sono i viottoli scavati nei campi
da sandali umani e impronte di bestie?
Dov’è ormai la mia terra, invecchiata anche lei,
sfregiata da solchi di liscio catrame,
rovente in estate di una febbre glaciale,
senz’anima e… un corpo, intarsiato dall’uomo
non so più se a sua immagine o a suo abuso e consumo!

Dove sono i miei campi, dov’è la “mia scersa” (*),
tutt’al più tratteggiata da due linee perfette
di strada ferrata, corteggiata e nascosta
da petali vermigli e assonnati e fauci dischiuse di leone
e il timido timo, confuso tra corolle di muschio….
… e, anche d’inverno, su uno sfondo sfumato,
sembra dare l’idea dello spazio infinito!

Restano… i sassi di pietra scheggiata
e qualche muggito di buoi e l’odore gustoso
della biada bagnata, svogliata e cullata
dal vento impalpabile nelle notti d’estate,
mentre dove lo scoglio si confonde con l’acqua,
sembra proprio il confine tra la vita e la morte:
qui… re Carlo, penultimo di undici Capi,
si diverte a contare le conchiglie di Leuca
e Concetta, fumando, forse è raggiante di noi.

(*) Luogo all’aperto incontaminato, selvaggio, libero, dove correre senza direzioni prestabilite

17 luglio 2005

Senza titolo

Nenie di grillo intonano petulanti
le stelle, ad animare il silenzio
e il ronzio scivola nella penombra della luce
come il vento tra le foglie immobili della quercia,
solleticando le ghiande e la mia fantasia
e io mi pavoneggio come un re in questa valle
di stupide impressioni, piovute tra l’arabescarsi
frenetico dei miei pensieri dubitanti e un po’ confusi..

***
ESTATE 2005 E DINTORNI: sproloqui notturni in cerca di audizione e comunque, fatalmente, alle stelle!…
di Anonimo Capuano

Carra Editrice
2008, 192 p.

Ndr. Presentato la prima volta nel Portale Manuale di Mari il 19 gennaio 2009

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