C’è una frase di Lovecraft che recita così: “Il sentimento più forte e più antico dell’animo umano è la paura, e la paura più grande è quella dell’ignoto”. Con queste parole famose si apre l’affascinante eBook di Bruno Fontana, indicando così il filo conduttore dei dodici racconti da brivido che l’autore, regista e sceneggiatore ci propone con l’audacia, la capacità e l’abilità narrativa tipica di un grande scrittore di talento. Il lettore si trova catapultato in un mondo sconosciuto che lo impiglia nella sua rete misteriosa facendolo incontrare con l’ignoto e con la più antica delle emozioni: la paura che ci accompagna fin dalla notte dei tempi. Da qui la grande suspense che ne deriva unita al desiderio di addentrarsi sempre di più nell’appassionante lettura. E’ proprio come se, giunti in Transilvania, facessimo una escursione nel cupo castello del Conte Vlad, dove ogni stanza ci riserva una brutta sorpresa, scrive nella prefazione Gianfranco De Turris. Si rimane con il fiato sospeso tra racconti di vampiri, lupi mannari, vendette dall’Aldilà. Le stanze oscure del castello attraggono, incuriosiscono, ci fanno tremare, impallidire, ma il desiderio di andare avanti nella lettura cresce sempre di più. Ed è proprio questo che deve saper fare un grande scrittore: catturare l’attenzione del lettore, farlo calare nei personaggi, fargli vivere in prima persona le loro avventure e, in questo caso, farli tremare di paura nelle oscure stanze del misterioso castello del conte Vlad. Credo che gli ingredienti per una appassionante e accattivante lettura ci siano tutti: il fantastico attrae e nel castello del conte c’è posto per tutti e per tutte le emozioni perché le stanze sono innumerevoli. A questo punto, per saperne di più, non mi resta che dire: “Buona lettura a tutti!”. Nicla Morletti
Anteprima del libro
L’uomo che dice di chiamarsi Gesù
Non è la prima volta che lo vedo seduto su quella panca all’ombra di un albero nel Parco Centrale della città.
Ha gli abiti logori e le scarpe usate. Sono calzature curiose, di tela e con le suole di rafia. A dire il vero anche l’abbigliamento di quell’uomo è fuori moda. Sembra un barbone ma non lo è. Ha un’aria nobile per nulla rassegnata o sconfitta. È il suo volto a colpirmi, il volto di un uomo senza età, scavato ma con occhi in cui brilla una luce vivace e determinata. Ha la barba lunga e i capelli neri che gli sfiorano le spalle.
Mi avvicino e mi siedo accanto a lui. Ho comprato della frutta. Prendo due arance e gliene offro una. Lui la rifiuta con un gesto della mano.
«Non offenderti. Non mi piace mangiare da solo quando sono in compagnia di altre persone».
Mi volge lo sguardo e sorride, appena un accenno, però, di condiscendenza.
«Ti ringrazio, fratello. Non mangio!»
Fratello? Ha detto fratello… Ricordo vagamente che in passato questo termine era usato da varie sette. Ma non capisco il senso che ha questa parola nella bocca dell’uomo che mi sta affianco.
«Sei di passaggio?»
«Forse… Dipende dalla mia ricerca».
«Capisco. Una ricerca… Forse posso aiutarti».
«Sto cercando un tempio» risponde con naturalezza, come se avesse detto sto cercando una farmacia.
Un tempio? Ha detto un tempio. La mia mente fruga nei ricordi per riscoprire il senso di quella parola.
«Tempio… Vuoi dire uno di quei luoghi di culto dove i fedeli si raccoglievano per pregare i loro dei? Sono stati distrutti e vietati da secoli, non lo sai?»
«Non dei, fratello, ma Dio, il Signore mio Padre, nostro Padre…»
«Tuo padre?» Evito di ridere per non offenderlo, ma è evidente che quell’uomo sragiona come un invasato religioso dei tempi antichi. «Si veniva giustiziati per queste credenze, curioso che tu non lo sappia».
«Ormai anche la legge si è dimenticata dei luoghi di culto, delle chiese, tutti hanno dimenticato…»
«Perché sei alla ricerca di questa cosa?»
«Perché devo condurvi i miei apostoli… Dio ci sta aspettando da troppo tempo. Ho un dovere da compiere verso mio Padre» risponde ancora con lo stesso tono sereno.
«Sai dov’è questo tempio?»
«Sì, in un villaggio chiamato Gerusalemme».
«Gerusalemme non esiste più… C’è solo sabbia, quel lontano territorio è solo un deserto. Non c’è più anima viva da secoli, forse millenni».
Lui scuote il capo, i suoi occhi si perdono un attimo nella luce del sole, stanno lacrimando.
«Gerusalemme non può non esistere più. Basta cercarla ed è quello che continuerò a fare, fratello: la mia fede mi guiderà».
«È un po’ come se cercassi il tuo Graal?»
«Sai del Graal?»
«Sono uno studioso di miti e leggende, come la storia di quel Gesù…»
«Sono io Gesù» dice guardandomi con quegli occhi chiari e profondi.
Lo fisso un attimo perplesso e questa volta scoppio a ridere.
«Gesù, sicuro che tu stia bene? Qui non hanno molta comprensione per i vagabondi e tanto meno per i fuori di testa. Stai attento “fratello”».
Mi alzo e scuoto la testa, in fondo un po’ dispiaciuto: m’intrigava la sua figura e la mia curiosità aveva per un attimo abboccato al suo racconto strampalato. Mentre mi allontano provo un po’ di compassione per quell’uomo, ma i pazzi non sanno di essere pazzi e della mia compassione non saprebbe che farsene il mio cercatore di città sepolte.
L’indomani torno nella piazza, ma sulla panchina ci sono solo due piccioni che becchettano dei minuzzoli di pane caduti da qualche sandwich. Volano via mentre mi siedo. Il questuante di chiese non c’è più. O devo chiamarlo Gesù? Mi tornano in mente il suo viso e i suoi occhi; non provo nessuna emozione particolare, eppure mi sarebbe piaciuto rivederlo, parlare ancora con lui, capire la sua pazzia. Il motivo della sua probabile paranoia. Se non ha proseguito la sua strada alla ricerca della mitologica chiesa insieme ai suoi fantomatici apostoli e non si è allontanato da questa città, è plausibile che adesso stia in qualche padiglione psichiatrico.
Un’auto della Sorveglianza si ferma ai margini della piazza. Ne scendono due Sorveglianti che si dirigono verso di me. Guardano il display di un visore e poi mi mostrano un ologramma nel quale sto parlando con lui, con il viaggiatore.
«Conosci quest’uomo, cittadino?»
«L’ho visto ieri per la prima volta, ma non so chi sia».
«Di cosa avete parlato, cosa ti ha detto?»
«L’ho visto così dimesso che gli ho offerto un’arancia, ma l’ha rifiutata… Ha detto che non aveva fame».
«E poi?»
«E poi niente, ha cominciato a divagare, a dire scempiaggini e…»
«Quali scempiaggini, cittadino?»
Le domande dei Sorveglianti si fanno incalzanti. Non perdono d’occhio il congegno che controlla all’istante le mie risposte e le comunica alla Centrale.
«Ha detto che era alla ricerca di un tempio… di Gerusalemme. Io gli ho spiegato che Gerusalemme non esiste più da un’epoca immemorabile. Quando mi ha detto di chiamarsi Gesù… allora ho capito che era uno squilibrato e mi sono allontanato».
«Ha detto proprio così, che il suo nome era Gesù?»
«Già… ma non c’era nessuna pazzia nei suoi occhi».
I due si guardano, fissano ancora il display. Poi gli rivolgono di nuovo gli occhi.
«Devi venire con noi, cittadino».
«Perché mai?»
Comincio a preoccuparmi. La Sorveglianza è di solito molto discreta e interviene di rado. Motivi di interventi ce ne sono pochi, l’ordine regna da tempo in città. Però finire nelle mani della Sorveglianza è sempre un pessimo presagio.
Mi afferrano sotto le braccia e mi portano via. La poca gente che c’è intorno a noi osserva con distacco. Non capita spesso che un cittadino venga arrestato in pubblico, ma quando accade i presenti devono reagire come se non accadesse.
«Perché? Io non ho fatto nulla».
«Forse sei infettato… dobbiamo controllare».
Infettato… da quell’uomo… da Gesù? Se non fossi in una situazione precaria scoppierei a ridere in faccia a quei due Sorveglianti rigidi e seri come possono esserlo solo degli automi. Se hanno rinchiuso quel pover’uomo per manifesta incapacità di ragionare, con quale accusa possono incriminare me? Per avere offerto un’arancia a un infermo di mente?
Salgo sul mezzo della Sorveglianza insieme ai due che mi hanno fermato.
Le strade sono al solito poco frequentate, circolano solo mezzi pubblici e della Sorveglianza. A noi cittadini sono riservati i mezzi pubblici e i treni sotterranei.
La Stazione Centrale della Sorveglianza è un enorme palazzo color grigio opaco con grandi vetrate oscurate all’esterno. Incute timore, timore per l’incognita che rappresenta. Nulla è mai filtrato di ciò che accade in quell’imponente edificio. Nessuno ha mai saputo, nessuno ha mai parlato.
Il veicolo si ferma nel parcheggio interno e i due mi accompagnano verso un ascensore che sale al decimo piano e poi lungo un corridoio silenzioso come una tomba. Si sente appena sibilare l’aria condizionata. Mi fanno accomodare in una piccola sala d’attesa e se ne vanno, sempre rigidi e privi di espressione. Non servono più. D’altronde dove potrei andare? Scappare?
Sono solo nella sala d’attesa fin quando si apre la porta di un ufficio e si presenta una giovane donna, probabilmente la segretaria.
«Accomodati, cittadino» dice con voce priva d’intonazione.
Entro. È un ufficio strettamente pratico, senza un briciolo di fantasia nell’arredamento. Tutto è funzionale nell’organizzazione della città. Il superfluo è stato bandito.
La segretaria non è una segretaria ma è il funzionario che deve interrogarmi. È bella e algida. In un angolo della stanza un uomo grasso e grosso è sprofondato in una poltrona. Osserva.
Dopo avere detto il mio nome, la donna controlla i vari schermi che ha davanti e sulla parete frontale e poi mi chiede di confermare ciò che avevo già sciorinato ai due Sorveglianti. Sfiora un touchscreen con la punta delle dita per registrare le mie risposte.
«Sei sicuro di averci detto tutto del tuo incontro con quell’uomo? Basta un dettaglio, una parola, un gesto che hai ritenuto al momento di poco importanza».
***
Il castello del Conte Vlad
di Bruno Fontana
2015 , eBook
Flower-ed
Il titolo del libro ci dice già tutto, o almeno così sembra, fino a che non iniziamo a leggere di questo Gesù. Subito mi sono chiesta chi fosse e perché cercava Gerusalemme. Mi è sembrato un uomo dolce e buono ma forse non era davvero così, perché forse ha infettato il nostro caro cittadino. Era quindi forse il conte Vlad? E se lo era, perché si fa chiamare Gesù? Non sono forse due opposti come il bene e il male? Altre due cose saltano subito all’occhio: “cittadino” cosa significa? Perché lo chiamano così e non con il suo nome? E perché i cittadini possono usare solo mezzi pubblici e i treni sotterranei?
Sicuramente è un libro che incuriosisce molto e credo possa essere letto anche ai non amanti del genere per la sua curiosità psicologica. Se potrò leggere questo libro sicuramente farò una recensione per poter dire meglio quello che mi fa provare, perché qualcosa l’ho già provata in queste poche righe.
Questi libro mi ha incuriosito….anche se i racconto dell’orrore non sono le mie letture preferite.
Chissà potrei ricredermi…
Questi sono i libri che Amo . Leggerlo nel silenzio della notte nel proprio letto . Mi piacerebbe da morire poterlo leggere , recensire e consigliarlo , perché sono stra sicura di ciò che mi trasmetterà questo libro
Poter entrare in mondi diversi attraverso una storia, come se fosse un viaggio vero e proprio, è la sensazione che mi fa capire subito se un libro è davvero fatto bene. Scommetto che “Il castello del Conte Vlad” è uno di questi. Sono curiosa di leggere l’intero romanzo ed immergermi in un nuovo mondo!
La Transilvania è stata sempre considerata la patria del conte Dracula anche se, come mi ha spiegato una ragazza rumena, il conte Dracula è originario del sud della Romania e non della Transilvania.
I racconti da “brivido” mi appassionano per quella nota di “noir” che li contraddistingue.
Seguire le avventure del conte Vlad sarebbe interessante ed intrigante.
Gia il titolo mi fa venire voglia di leggere il libro poi ogni argomento sul conte vlad mi afascina sono di origine rumena quindi per me i raccondi legati al mio paese sono affascinanti
Già la sola lettura della trama catapulta il lettore in una dimensione tenebrosa e oscura: come se il lettore venisse letteralmente risucchiato in un vortice di sensazioni contrastanti perchè da una parte si fa strada sempre piu’ la curiosità,la voglia di conoscere a fondo la storia,di carpire qualche dettaglio in piu’ che puo’ svelare quell’alone di mistero che pervade tutta l’opera e che si ritrova poi in ciascuna stanza dell’oscuro castello,dall’altra invece vi è la suspense abilmente creata dallo scrittore e che lascia gradatamente spazio alla sensazione di paura dell’ignoto e di continuo divenire che è poi alla base dell’intreccio. Suggestiva a tal proposito anche la copertinadel libro nonchè le diverse tonalità cromatiche utilizzate e l’ambientazione scelta che obbediscono perfettamente alle intenzioni dello scrittore. Opera davvero accattivante sotto ogni profilo; sarebbe molto entusiasmantericevere una copia di questo libro per poterne assaporare ogni singola pagina.
Questo libro solo dal titolo invita il lettore a leggerlo, perchè ispira molta curiosità, credo sia uno di quei libri che quando si inizia a leggere non si vuole più smettere, specie nelle fredde serate invernali. Wow
Questo libro ha una trama ed un incipit che mi stanno facendo venire una voglia paurosa di leggerlo!!! Sono troppo curiosa!!! Adoro le storie come questa!!! 🙂
Impazientemente in attesa la saluto e la ringrazio 🙂
Un ritmo incalzante, un plot che, almeno dall’estratto, seppur l’ambientazione distopica è largamente utilizzata, appare non banale. Promette sorprese e uno svolgimento poco scontato.
E’ naturale volerne sapere di più, mi piacerebbe poter visionare l’intero volume per poter lasciare una recensione più approfondita.
Decisamente intrigante come accenno. Mi piacerebbe molto leggere l’opera completa, sembra molto interessante.
Già la copertina di per se sembra voler raccontare una storia quindi già da questo si capisce che l’autore è una persona precisa, attenta ai dettagli.
L’anteprima del libro incuriosisce molto soprattutto per il ritmo incalzante e la voglia da parte del lettore di sapere cosa succederà dopo. Mi piacerebbe proprio poter leggere l’intero volume per poter dare un mio modesto parere.