Cos’è in realtà l’innamoramento? Da quali profondi abissi del cuore sorge improvviso quel sentimento, quella passione che si chiama amore? Giuseppe Baiocco con uno stile fluido, chiaro, moderno, dalle dinamiche gentili, in questo romanzo affronta il tema dell’affettività con i suoi moti dell’anima, i suoi impulsi, i suoi cambiamenti, nascita e mutazioni. Sostiene l’autore: “Ecco quello che manca all’uomo moderno: una teologia dell’amore che parta dalle forme più istintive e di natura fino ad elevarsi alla vetta suprema e perfetta che proviene da Dio.” Parole divine, pagine che catturano il cuore e la mente trascinandoci in un vortice di emozioni. A proposito di questo riporto di seguito (anche per desiderio dell’autore stesso) la ricca sinossi in quarta di copertina: “Due quadri misteriosi segnano l’inizio e la fine del romanzo: in mezzo una storia d’innamoramento, metafora del “pensiero a priori” in base al quale costruiamo il nostro mondo di affetti e conoscenza.
Protagonista e voce narrante è Antonio che, giunto alla soglia della mezza età con il dolore di un divorzio alle spalle dalla moglie Francesca, decide di tornare nei luoghi estivi del loro amore, a Villamare, sulla riviera romagnola. Qui conosce Martina, donna colta ma anche seducente ed inquieta, di cui si innamora, e rivede Noemi, che aveva conosciuto bambina e ora la ritrova al culmine della giovinezza, attratta dal fascino dell’uomo maturo.
Come una sorta di moderna Beatrice dantesca, Martina accompagna Antonio nel difficile percorso che conduce alla pienezza cognitiva degli affetti attraverso la “corrispondenza di amorosi sensi”, giocando anche sulla velata ambiguità del menage à trois che si dipana sotto il cielo di Villamare, e talvolta sovrapponendosi alla figura di Francesca, mai dimenticata.
È dunque con un linguaggio filosofico, a tratti quasi poetico, che Giuseppe Baiocco, in questo suo primo romanzo, propone una “teoretica del sentimento” attraverso il ruolo della protagonista femminile, che affascinando i suoi interlocutori con bellezza, intelligenza e ironia, non esita però a “istruire” Antonio sulle derive che l’innamoramento, con le sue vertigini e i suoi deliri, può facilmente creare, conducendo spesso da tutt’altra parte rispetto a dove si credeva di andare.” Nicla Morletti
Anteprima del libro
Dal Prologo
I. Sulla via di Montolmo
Quando comparve sulla spiaggia, già il vento e i suoi buffi solfeggi avevano trasportato con l’aria irrequieta il suono dello zufolo che guaiva come cane intristito. Goffo e infarinato di polvere, apparve sull’arenile col suo malconcio vestito nero, indurito dalle stagioni e dalla salsedine. Sgusciò fuori all’improvviso, come un naufrago d’altri mari, quello strano personaggio trafugato dalle pagine d’un vecchio libro di storie, di quelle che una volta facevano piangere i bambini.
La sabbia cedeva orme al peso dei piedi che la calcavano senza riguardo, lasciando impronte a fatica, un passo dopo l’altro. Alcuni grumi di legna e fogliami portati dal vento posavano sulla battigia assolata come sculture bizzarre d’altri pianeti esposte lì per caso.
Il ragazzino gli camminava appresso e studiava il nuovo amico dalla testa ai piedi. Lo incuriosiva il suo andare ancheggiante e l’ondeggiare del capo sopra le spalle mentre i capelli arruffati e sfibrati cedevano agli schiaffi duri dell’aria marina. A quell’ora del giorno, il sole scolava luce a picco dalla cima del cielo e lasciava piovere sul terreno brevi ombre assottigliate e contrite, stremate anch’esse da quei passi troppo lunghi.
All’improvviso il fanciullo si girò di scatto, alzò gli occhi al cielo e lo scorse tutto d’un fiato come un sorso d’acqua, poi gridò: «Gustavo, Gustavo, lo vedi, lo vedi, lassù in alto?»
«Vedo… che cosa?» domandò il vecchio clown che stava mormorando a memoria le battute del suo repertorio, le stesse che da oltre cinquant’anni ripeteva tra sé, come giaculatorie che nessun dio avrebbe mai più voluto ascoltare.
«Niente, Gustavo, niente. E passato. Sarebbe stato magnifico se lo avessi visto anche tu. Era così bello! Chissà quando capiterà di vederne un altro ancora!» Il fanciullo tornò a sorridere e a giocare.
«Tu, qui al mare, ci vieni spesso?» gli chiese poi con l’aria distratta dei bambini che fanno domande importanti.
«Io sono diventato amico dei pescatori del borgo, delle loro donne» continuò «ma non ti ho mai visto prima d’ora. Un giorno, Nicola, il più vecchio di tutti, mi ha portato con la barca al largo; sulla via del ritorno mi ha baciato in fronte: “Figlio! mi ha detto». Il ragazzo ebbe l’impressione che il clown non lo volesse ascoltare ma continuò ugualmente.
«La sua è sfinita, sciupata dalle onde e lui non ha più le forze per farsene una nuova ma gli vuole bene lo stesso: nel suo cuore è sacra come la pancia della madre. Ogni volta che la mette in mare, pensa alla sua vecchia.
Dice che lei lo aspetta dietro quel rigo azzurro che tiene in linea tutto l’orizzonte. Secondo Nicola, quel tratto tra mare e cielo è fatto con le anime dei nostri morti che si tengono strette, avvinghiate, come corde di canapa. Pensa che quando morirà si annoderà a quel filo di ombre e abbraccerà le anime dei genitori. Non voglio sentire questi discorsi perché mi mettono paura ma lui ha gli occhi pieni di luce quando li fa e ti guarda come un gabbiano dagli scogli. Io non voglio che muoia, Gustavo!»
Il suo sguardo si appannò solo un attimo e subito gli occhi vivaci tornarono a palpitare in direzione del vecchio.
Fece un po’ di capriole sulla battigia poi, sempre correndo, tornò sulla sabbia calpestata dal clown riempiendo di rena tutte le orme che aveva lasciato. Gli dispiaceva vedere quella coltre soffice scomposta dalle pedate sgraziate del suonatore di zufoli.
Il pagliaccio stava ascoltando il fanciullo come un chierico che muove le labbra dietro le giaculatorie, mormorate in latino.
Gustavo non riusciva a capire fino in fondo quel linguaggio apparentemente semplice, accompagnato da un timido balbettare di palpebre. Si accorse, però, che ogni parola gli affiorava sulla faccia ariosa prima ancora che la pronunciasse.
«Certo la vita del pescatore è molto dura, pericolosa, difficile…» provò ad iniziare un discorso ma si sentì subito banale e si fermò come uno scolaretto impreparato, con il seguito della frase in bilico sulla punta della lingua.
Il giovinetto non lo ascoltava già più; era tornato a perdersi con gli occhi nella spuma che fanno le onde quando si arricciano in prossimità della riva. Quella schiuma gli insaponava il fiato, le corde vocali e tutti i suoni che vi passavano in mezzo, a ogni respiro, a ogni voce che sgorgava da dentro.
«Gustavo, Gustavo!» il ragazzino tornò a occuparsi del compagno appena conosciuto. «Vorrei vederti durante lo spettacolo ! E molto lontano il tuo circo? Quanto è alto? Ha il tendone rosso? Possiamo arrivarci a piedi? Se tu mi accompagnassi, sarebbe bello andarci insieme, anche adesso!» proseguì preso dall’entusiasmo come scartasse un regalo.
«Frena piccolo, frena» fece il vecchio con un sorriso buono. «È vero, non è molto lontano. Siamo accampati fuori il paese ma non possiamo andarci adesso!»
«Sempre complicati, voi grandi! Non è mai l’ora per fare niente, c’è sempre un tempo migliore!» sbuffò il fanciullo.
«Sai perché vorrei incamminarmi subito?» fece ancora, accennando un po’ di broncio.
«Non mi fare domande troppo difficili; come posso sapere quello che ti passa per la testa. Ti conosco da appena un’ora e so solo che ti chiami Antonio. A proposito che classe fai?»
«Non te lo dico! – protestò. – Perché voi vecchi volete sempre sapere che scuola fa un bambino? Non avete altre cose che vi interessano di noi?» disse risentito. Gustavo non si aspettava quel tono di risposta così secco perché
lo aveva giudicato un ragazzino dolce, solo a guardarlo in viso.
Cercava di far valere l’esperienza d’una vita per incutere maggiore riverenza verso di sé. Aveva, però, capito che non sarebbe riuscito a tenere a bada l’irruenza della giovinezza. Lo infastidiva farsi mettere all’angolo da ogni battuta di quel benedetto figliolo.
All’improvviso, questi si mise a ridere come sanno fare i ragazzini, col gusto di tutta l’anima che hanno dentro.
«Che effetto ti fa specchiarti quando ti vesti da clown? Sorridi? Ti metti allegria da solo? Dì la verità, ti viene da ridere quando guardi la tua immagine riflessa? Ci sei nato con gli occhi cerchiati di giallo e il naso vermiglio e tondo come una ciliegia?»
Non lo voleva offendere, era curioso di conoscere cosa si nascondesse dietro la realtà bifronte della maschera e capire – alla maniera dei bambini – qualcosa su quel lavoro pieno di magia e incantamenti.
Il ragazzino tornò a farsi serio e questo preoccupò il vecchio perché quando lui si aspettava che attaccasse con un tono, quell’altro lo spiazzava subito cambiando verso al ragionamento e all’umore.
Anche in quell’occasione, Antonio lo aggirò così: «Dopo lo spettacolo sotto il tendone, riesci a riconoscerti… voglio dire… riesci a ritrovare nello specchio i tuoi occhi, il tuo viso, il naso vero?»
Cessò d’essere accigliato per tornare a scherzare: «Scommetto che quando indossi i panni del pagliaccio sei proprio contento, così puoi essere te stesso. Tu con quella maschera ci sei venuto al mondo!»
Gustavo lo guardò un po’ rattristito perché capiva che ora lo stava sfottendo alla buona e, pur sapendo stare allo scherzo per mestiere, ci rimase male a quelle domande irreverenti, per di più poste in modo innocente.
«Sappi» disse risentito «che io non sono mica nato pagliaccio!»
***
La donna di Villamare
di Giuseppe Baiocco
2014, 290 p., brossura
Italic
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Questo libro sembra una favola dei tempi in cui viviamo oggi in cui tante persone vivono la solitudine post separazione e cercano nei luoghi della propria infanzia ricordi e placebo per la loro esistenza.
Complimenti
Grazie Sabato, sì è proprio vero anche questa è una bella lettura della ricca simbologia che costella tutto il romanzo: la prima e più importante è che il mare e la sua mitologia – leggi Nicola – si sostituiscono all’archetipo della Grande Madre. Mi riferisco allo strano pupazzo comprato dalla rigattiera il cui nome suona come quello di Nicola nella leggenda popolare che gira attorno alle antiche storie di Montolmo. Il Mare come archetipo incarna meglio il tumulto di sentimenti in cui si vive da innamorati. Grazie per averlo letto!
Tematica interessante, l’amore sotto l’aspetto della sensualita’, della fisicita’, della passione sia piu’ sensuale sia per cio’ che amiamo (nella fattispecie, uno sport… in questo mi ci rispecchio molto!).
La sensualità che si respira ne “La Donna di Villamare” si accorda con il piano filosofico del romanzo: l’amore dilata i confini della conoscenza e quindi anche del mondo di chi amiamo..
Non vedo l’ora di leggerlo e immedesimarmi nelle protagoniste!
Mi farebbe davvero piacere leggere una storia sulla tematica dell’amore, mi incuriosisce molto.
Non è che La donna di Villamare abbia colmato un vuoto abissale sui romanzi d’amore dell’ultimo millennio.Non si tratta di questo, cara Antonella.E’ una storia che combina l’intrigo sensuale ed affettivo con il mistero di un sentimento così alto che dovrebbe essere illustrato sui testi di teologia, tant’è pregnante la forza che esso esercita sulla vita spirituale di ciascuno di noi. In un’unico corpo, si impastano affetti e sensi o meglio il senso che noi diamo alle cose che viviamo a pelle ed è proprio da questo senso che esse assumono il loro significato esistenziale, a prescindere da cosa sia “la cosa in sé” di cui si tratta (esempio la “cosa amore”).
Molto interessante! I libri che parlano d’amore e quindi di sentimenti riescono sempre a coinvolgermi e a teletrasportarmi in un’altra realtà. Il prologo è molto ben scritto e si lascia leggere con molta curiosità…potrei divorarlo in una notte!
Grazie Antonietta, è di notte che va letto questo romanzo perché parla d’amore sia sotto l’aspetto filosofico (il sentimento come fatto cognitivo che allarga la conoscenza tra due esseri) ma anche come sensualità, una sensualità che attraversa la vita delle due protagoniste femminili (Martina e Noemi) con un rimbalzo tra la fisicità dei sensi e quella dello sport da esse praticato (ciclismo e tennis). Ciao e buona lettura!!!!
La trama sembra molto interessante, un argomento come l’amore o l’innamoramento che spesso vengono giudicati superficialmente…
ciao Silvia,
ti rispondo con uno post che ho pubblicato su “fotoSvagando” (mia pagina FB che cura la pubblicizzazione del romanzo). Ciao e grazie dell’attenzione!
Che ci fanno – nella stessa storia – un vecchio pescatore (Nicola), un clown felliniano (Gustavo), una donna in carriera (Martina), un oste guascone (Ercole), un matematico autistico (Danilo), una ragazza ciclista (Noemi), un tamburino sabaudo, un fotografo di studio (Lucio), un’isterica passionale (Francesca), un’infanta dalle chiome dorate (Margherita), un Peter Pan ingrigito (Antonio), una cuoca ereutofobica e cicciona (Celestina)? E il dottor Filippi e la contessina Carlotta? Svelerà di più l’enigmatico Pierrot di Villamare o la misteriosa tela di Velazquez?
Ma…non sarà mica un romanzo, magari d’amore, magari trescato dai toni intriganti del color giallo-rosa?
i temi delle relazioni umane mi interessano sempre tantissimo, sono quelli che leggo con maggiore partecipazione. Inoltre i protagonisti, un vecchio ed un bambino, appartengono a 2 categorie che la società attuale spesso vuole divise, non capendone la ricchezza dell’unione. Mi incuriosisce molto.
Ciao Giada, quello che hai letto è il prologo, un capitolo introduttivo che fa parte della storia di formazione di Antonio nella costruzione del suo mondo affettivo adulto, per cui poi la sceneggiatura del romanzo cambia completamente. Mi dispiace se a te piaceva quel tipo di relazione,sicuramente ricca di poesia ed umanità.
ho avuto il piacere di riceverlo e di leggerlo, quindi in effetti ho scoperto che l’inizio è solo per conoscere il personaggio e le sue future relazioni con le donne e con l’amore. Personaggio che mi è stato cordialmente antipatico, contrariamente a Martina che mi è sembrata molto più concreta e solida caratterialmente. Ma il bello della lettura è proprio questo, no? Grazie ancora per il libro, saluti ed auguri di cose belle e soddisfazioni
Grazie Giada, non sei la prima donna che mi dice che Antonio gli sia risultato antipatico. Io l’ho costruito come personaggio pieno di insicurezze il cui ruolo era quello di far rifulgere quello di Martina come guida sulla strada della conoscenza dell’amore. Si dice che un romanzo, dopo che è stato scritto, non appartenga più all’autore ma diventi dei lettori. Questi commenti dimostrano che è proprio vero. Mi piace che sia successo anche a “La donna di Villamare” perchè vuol dire che i personaggi sono entrati sia nell’immaginario sia nella vita reale dei lettori! Grazie ancora, ciao
Spiaggia metafora di vita. Un anziano e un bambino camminano e nel loro dialogo emergono gli estremi sentimenti della vita.
Un libro interessante, sembrerebbe dal prologo.
E per gustarlo interamente, faccio richiesta all’ auore, Giuseppe Baiocco, del dono del racconto. ” La donna di Villamare ” – lo spero – sara’ intrattenimento delle mie prossime notti insonni, a cui seguira’ una recensione accurata.
Grazie.
Gaetano
Gaetano, ti ringrazio dell’interesse mostrato e mi auguro che possa gustarti presto quest’avventura cognitiva tra filosofia teoretica e delirio della passione: è possibile innamorarsi di qualcuno solo in base al “giudizio a priori”? Ed allora il sesso, le emozioni struggenti, la follia dell’innamoramento dove vanno a finire, nel calderone della “ragion pura” o nelle triangolazioni logico-prospettiche del misterioso quadro di Velazquez? Ed il “pensiero a priori” (o meglio “l’amore a priori”) ci sbatte in faccia un personaggio molteplice e bifronte o ci conduce nel cuore vero della persona amata? Da sempre chi ha scritto d’amore si è perso di fronte a questo vissuto esistenziale dilaniante. “La donna di Villamare” è la narrazione stroboscopica di un millennio di letteratura d’amore e sull’amore, per questo piace. Ciao Gaetano (spero che tu sia tra i prescelti a ricevere una delle 4 copie che invierò a Fiera dei Libri, altrimenti lo trovi in tutte le migliori librerie online e non). Auguri!!!!