venerdì, 9 Giugno 2023
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La porta semichiusa di Nunzia Caricchio

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La porta semichiusa di Nunzia Caricchio

La porta semichiusa di Nunzia Caricchio, il secondo romanzo della scrittrice napoletana

La porta semichiusa di Nunzia Caricchio, sulla soglia dell’infanzia tradita e della violenza di genere

Qui i personaggi non si raccontano. Parlano. E la loro voce è un vortice. Irresistibile. Come un gorgo ci prende e ci trascina nella dimensione “fisica” della storia. Le emozioni sono pure percezioni. Non c’è il tempo di chiedersi dove siamo. In un attimo siamo lì, dopo poche righe, siamo lì. Su quella soglia. Con le parole di Henry James, possiamo dire che ci avvolge “un’immensa sensibilità, una specie di enorme tela di ragno con fili della seta più sottile, sospesa nella stanza della coscienza, che afferra ed immette nella sua rete ogni particella portata dall’aria”. E Nunzia Caricchio, riferendosi a quelle stesse particelle, gli fa eco: “Vorrei essere come loro. Far parte di quel pulviscolo, fenomeno di meraviglia, e restare in sospensione nel mezzo, né in alto e né in basso, al centro, senza vedere e sentire; senza odiare e amare. Vorrei essere libera.”
In questo modo, attraverso lo spiraglio della porta semichiusa, vediamo, sentiamo, scrutiamo quel mondo interiore che avvertiamo come profondamente “nostro”. Perché la violenza è nella nostra coscienza collettiva anche quando non la subiamo e non la esercitiamo direttamente, o così ci sembra. Sia pure in misura diversa, olisticamente essa fa parte della nostra vita e dei nostri comportamenti e non può lasciarci indifferenti. Anche quando pensiamo di essere semplici spettatori. Perché se restiamo su quella soglia, se accettiamo l’altrui violenza, se la perpetuiamo accumulando a nostra volta odio, rancore, ostilità, passiamo in un istante da un lato all’altro della porta semichiusa. Da vittima a carnefice il passo è breve. Così la metafora della bella e della bestia più che un rifugio sembra indicarci l’unica via possibile: guarire la bestia. Questa consapevole e spesso vana impresa, per chi la intraprende, sprigiona il suo terapeutico potere.
C’è molta tecnica nell’impianto narrativo di questo romanzo e, tuttavia, la tentazione moderna dell’io narrante non è qui una scelta razionale ma una vera e propria necessità stilistica ed espressiva: il coinvolgimento del lettore è massimo, l’immersione assoluta, l’immedesimazione estrema.
Robert, Manuale di Mari

L’innocenza di una bambina, una fiaba e il desiderio di voler guarire un padre violento. Quanto coraggio c’è in una donna?
Napoli. Sofia è una bambina coraggiosa e intelligente. Attraverso la porta semichiusa della sua stanza è testimone inevitabile dei maltrattamenti che si consumano tra le mura di casa.
Si rifugia fra le pagine della fiaba La Bella e la Bestia, che prende come esempio nella speranza di realizzare il desiderio di guarire suo padre Tommaso, quel padre la cui infanzia è calpestata, e che arranca nei giorni come un randagio, crescendo in fretta fra traumi e abbandoni che ne plasmano l’animo nero, imprigionato in un limbo tra giusto e sbagliato, tra rabbia e paura.
Vittima o carnefice? Tommaso ha già scelto chi essere. E lo ha fatto anche per Sofia.
Un romanzo forte, di carattere sociale, lottatore per una verità intimidatoria. Un riflettore che vuole illuminare angoli di mondo trascurati dalla società. Un megafono che vuole zittire amori criminali, e urlare: “Amami come mi amerei io, perché una donna si conquista con il cuore e non con la violenza”.

Leggi anteprima di La porta semichiusa di Nunzia Caricchio

SOFIA

Capitolo 1

Giugno 2018

Buio.
Freddo, tanto freddo.
Non so dove sono.
Ho paura, troppa paura.
Non posso alzarmi; se ci provo, sbatto contro qualcosa di duro. Alzo le mani, le muovo intorno per capire: assi di metallo bloccano la mia libertà.
Brevi conati si affacciano alla bocca per il puzzo di qualcosa che non riesco a definire. Forse fumo, no, è pipì… stantia. Porto il dorso della mano alle labbra, reprimo le lacrime.
Non ci riesco, singhiozzo.
Passi veloci.
Passi lenti.
Ancora veloci.
Di nuovo, lenti.
Trattengo il fiato, resto in ascolto.
Una lama di luce si allunga sul pavimento. La fonte, una porta socchiusa. La inquadro e una sagoma le si accosta; qualche respiro, si allontana.
Una bambola di pezza è poco distante da me, cerco di afferrarla.
Inutile.
Mucchietti di lana contornano il corpicino di stoffa tagliato in due. Ha il visino macchiato di viola.
«Mamma?» bisbiglio.
Un eco mostruoso mi arriva alle orecchie.
Sobbalzo.
Alzo lo sguardo.
Tremo.
Ansimo.
Deglutisco a fatica.
«Mamma?»
La porta si spalanca rivelando una figura grossa, ingobbita, trafelata.
Mi rannicchio su me stessa.
Stringo gli arti cercando di bloccare il tremore.
Piango.
Un cigolio.
Mani appiccicaticce, pelose, mi agguantano. Sono sospesa a mezz’aria, stretta nella zampa della Bestia.
Sono fuori, ma voglio tornare in gabbia, al sicuro.
«Mamma, dove sei? Ho bisogno di te» grido.
Cerco con lo sguardo la bambola.
Non c’è più.
«Il tuo tempo è mio, il tuo corpo è mio, finché ne avrò voglia.»
Parole scatarrate da una bava sudicia, che mi cola addosso coprendo la forza che sta per abbandonarmi.
L’urlo feroce della Bestia mi investe.
Copro il volto con le mani fino a quando il ruggito non si tramuta in un verso dal timbro familiare: «Sofia, sono qui, non mi vedi?»
«Papà, sei tu?» Allargo le dita per vederci attraverso.
Gli occhi della Bestia sono scuri e vitrei, somigliano a quelli di papà.
No, non sono loro!
Mi dimeno.
Supplico.
«Sofia, sono io, papà.» La Bestia muove le labbra e il suono della voce non è più cavernoso.
Mi blocco e resto ancorata con lo sguardo sul mostro; gli carezzo la guancia.
«No, tu non sei un mostro. Io lo so.»
Una lacrima gli scivola lungo il viso rugoso.
Nel cadere, si trasforma in petalo di rosa.
La Bestia mi mette giù, raccolgo il frammento di corolla e glielo porgo, restando in ginocchio.
Mi concede un ghigno.
Increspo la fronte.
Un palpito.
L’ultimo.
Un gesto rapido mi trafigge il torace.
Spalanco le labbra; resto inerme, svuotata.
Il mio cuore rimbalza da un lato all’altro nelle grinfie della Bestia.
Lo ingoia.
Spalanco gli occhi, ansimante.
Infilo le dita nel colletto del pigiama per staccarlo dalla pelle sudata. Mi tocco il petto e sorrido: era solo un incubo.
Ho la gola secca, la vescica gonfia e un lieve soffio di paura sfuma insieme all’ultima goccia di confusione.
I battiti decelerano.
Acqua, ho bisogno di bere.
Mi guardo intorno per assicurarmi; la mia camera, illuminata appena dalla piccola luce notturna di fianco al comò, è la mia camera.
È stato così reale.
Giro lo sguardo a destra, verso la culla: Ciro dorme. Nella penombra intravedo le manine chiuse a pugno, il ciuccio va su e giù lento, si ferma, e ricomincia.
Metto le gambe fuori dal letto, poggio le punte dei piedi sul pavimento, e il freddo che mi accoglie sembra darmi la stessa sensazione datami dalla gabbia nel sogno.
Porto la mano sotto al cuscino, alla ricerca del mio Tesorino, ma non c’è. Alzo il lenzuolo, e nemmeno lì c’è. Giro la testa a destra e a sinistra, ruoto il busto indietro lasciando indagare gli occhi. Niente.
Scuoto il capo e mi chiedo: L’avrà preso lui?
Un guizzo agitato mi afferra; credevo di averlo nascosto bene, e invece l’avrà trovato. Chiudo gli occhi e rivedo una delle scene illustrate nel mio Tesorino, dove le parole di Gaston combaciano perfette con quelle che mio padre disse la prima volta che mi beccò con un libro.
Purtroppo il ragazzo non sapeva da che parte si reggesse un libro: «Le donne non sono fatte per leggere, Belle. È il momento di lasciare i tuoi romanzi e di guardare a cose più importanti…»

Sto per alzarmi quando il tallone tocca qualcosa di duro, sottile. Abbasso lo sguardo e lo vedo.
Mi piego e lo raccolgo. Percepisco i muscoli del viso rilassarsi, e il cuore non tossicchia più. Porto la copertina alle labbra e la bacio, sfogliandone le pagine. Allungo il braccio verso il comodino, tasto sulla superficie alla ricerca del pulsante e accendo la lampada. Concedo di nuovo l’attenzione al libricino, e mi soffermo a osservarlo, insistendo sulla Bestia, più che su Belle.
Quelli non sono artigli, ma le dita di papà incallite per il troppo lavoro; e quelle non sono corna acuminate, ma gocce di sudore cristallizzate per la troppa fatica; quelli non sono peli sudici, ma un altro strato di pelle, pronto ad accogliere me e mio fratello; quelli non sono occhi spenti, ma occhi tristi, che vanno salvati.
E io lo farò.
Guardo Belle, il suo sorriso, quel vestito splendente, quegli occhi che sembrano vivi. No, lei non è la mamma. La mamma non sorride più, non indossa mai bei vestiti, e non ci vedo niente più nel suo sguardo.
(Estratto da La porta semichiusa di Nunzia Caricchio)

La porta semichiusa
di Nunzia Caricchio
Editore: ‎Alcheringa (9 settembre 2021)
Copertina flessibile: ‎234 pagine

16 Commenti

  1. Tra queste poche parole, una forza e una potenza enorme… uno scenario molto incisivo che lascia immaginare il vortice di sofferenza che purtroppo molte persone sono costrette a subire. Penso che conoscere determinate storie possa renderci più consapevoli di situazioni e circostanze molto frequenti, tenute ancora troppo nascoste!

  2. Una trama e un incipit che mi hanno colpito, un pugno nello stomaco, ho ripercorso una parte della mia infanzia anche se in una forma di violenza diversa.Una tematica forte,importante.
    Una lettura che sicuramente approfondirò, perché sono quelle storie che fanno riflettere, che arrivano dritte al cuore,ti scorrono nel sangue

  3. Questa anteprima mi ha fatto veramente rabbrividire pensare che ci sono veramente persone così mi fa venire la pelle d’oca …spero di poterlo leggere per capire come ha continuato a sopravvivere e come fa

  4. Libro che tratta una tematica ahimè molto attuale.
    L’anteprima fa venire i brividi ed è veramente ben scritta.
    Spero di avere la possibilità di poter approfondire la lettura

  5. Questa anteprima mi ha fatto venire i brividi – leggere cosa puo’ fare un padre ( o meglio la persona che dovrebbe proteggere ) a un figlio e’ scioccante – mi ha lasciato senza fiato senza parole non dovrebbero succedere – sono molto incuriosita di poter leggere tutto il libro

  6. Leggendo già questo primo estratto non si riesce a rimanere indifferenti e c’è subito un vortice di emozioni che mi pervadono che vorrei definire meglio e insieme capire la storia di Sofia .

  7. La breve anteprima è veramente molto forte, scava nell’animo del lettore ed è così vivida che ti ritrovi a voler abbracciare Sofia per cercare di tranquillizzarla. Trovo molto significativo il titolo, e la porta socchiusa deve essere da noi tutti spalancata perché nessun bambino dovrebbe vivere queste terribili situazioni. Ed è molto commovente ciò che la bambina prova per il suo libro, unica ancora di salvezza. Una lettura che promette molto.

  8. Un romanzo davvero molto interessante, che affronta una tematica forte. Già dall’anteprima mi sono venuti i brividi e sono certa che più si va avanti e più il racconto suscita emozioni forti. Spero tanto di poterlo leggere

  9. Un’anteprima che fa venire i brividi sin da subito!
    Ogni parola ti entra dentro e ti trascina insieme alla bimba, nel suo mondo, nelle sue paure, nei suoi incubi…per poi rifugiarsi nella speranza che riversa leggendo la sua fiaba…

    Il titolo è un segnale di riflessione…quella “porta semichiusa”, non troppo aperta per poter vedere del tutto e non troppo chiusa per potersi estraniare e “passare oltre”, è come se volesse “suggerirci” cosa potremmo fare o vorremmo…se addentrarci un po’ di più e cercare di affrontare le paure e tutto ciò che comporta scoprire cosa si trova al di là dell’uscio, o restare sulla soglia incapaci di andare avanti per la stessa paura di scoprire cosa ci aspetta oltrepassandola…

  10. Poche righe inquietanti! Credo davvero che questo romanzo faccia male e mi auguro che in tale trasporto sia dovuto alla bravura dell’autrice, ma che non ci sia nulla di autobiografico. Mi piacerebbe molto leggerlo.

  11. Una cover che parla da sola,una trama che riapre vecchi ricordi dalle emozioni forti.
    Un romanzo che mi piacerebbe leggere❤️

  12. Un vortice di percezioni, ansie e paure coinvolgono fin da subito il lettore; un’anteprima molto forte ma soprattutto spero di poter capire ancora di più l’infanzia e il futuro di Sofia.

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