venerdì, 2 Giugno 2023
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Ogni tanto mi tolgo gli occhiali di Cristina Amato

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Ogni tanto mi tolgo gli occhiali di Cristina Amato

Il Tempo. La percezione del suo fluire, inesorabile, che si ha nella vita di tutti i giorni, nei suoi mutamenti, nella ciclicità delle stagioni, negli occhi degli altri che ci comunicano dei tratti del nostro volto che si modificano; e, ancora più incisiva, la percezione interiore del suo fluire, l’incessante rinascita dei desideri, delle speranze e spesso la scoperta di avere nuovi sogni e nuove speranze, in un continuo movimento, come se fossimo pianeti in orbita attorno al sole. Il Tempo e l’Attesa dunque, perché quest’ultima discende dal tempo, ne è figlia. Il libro “Ogni tanto mi tolgo gli occhiali” di Cristina Amato, ruota attorno a questi due temi fondamentali delle nostre esistenze. Ma la scelta narrativa e stilistica fatta dall’autrice è volutamente lieve, autoironica: se il tempo e l’attesa si prendono gioco della vita, Alice, la protagonista, si prende gioco di loro. E lo fa con garbo e allegria; con una sorta di distaccato disincanto che non le vieta, però, di vivere le sue giornate e le esperienze quotidiane, con uno spiccato umorismo e una lucida visione della realtà, cogliendone gli aspetti, a volte grotteschi, a volte felici, a volte scoraggianti, con il giusto equilibrio tra senso critico e spirito allegro. Ecco perciò spuntare, dispettoso e irridente, il Bianconiglio a ricordarle che il Tempo corre veloce; ecco gli incontri casuali  e le passeggiate per negozi dove la merce esposta pare strizzarle l’occhio, ricordandole il ticchettio dell’enorme orologio sospeso sulla sua testa; ecco le capriole nel passato, leggeri morsi di nostalgia, malinconie morbide e accoglienti in cui rifugiarsi ogni tanto, solo per poco, con l’illusione di fermarlo, questo Tempo che non s’accorge del nostro affannato vivere.

Anteprima del libro

I
Istruzioni per una single il giorno di San Valentino

La autoironía es la forma más alta de sinceridad.
(L’autoironia è la forma più alta di sincerità.)
ENRIQUE VILA-MATAS

Mi svegliai improvvisamente, quella mattina, con il pensiero che era arrivato il giorno per autocelebrare la mia autostima, ero stata messa in ferie forzate dal mio capo che ci aveva concesso una preziosissima pausa infrasettimanale.

Il giorno prima:
«Ragazze siete stanche, vi vedo troppo distratte, qui bisogna venire con la testa ben salda sulle spalle, non vi sono permesse distrazioni. Ricordatevi che a ogni distrazione equivale un micro-macro o, come caspita si dice, crack finanziario. E quindi – aggiunse il capo con aria saggia e consapevole – preferisco perdere un giorno di utile consapevolmente che pensare che, per colpa delle vostre menti distratte, rischio un crollo inconsapevole.»

Nel frattempo nel mio ufficio, mentre il mio capo portava a termine il suo brillante soliloquio, Vasco (sì quello vero, l’unico Vasco che tutti e dico tutti conosciamo) irrompeva con voce rauca ma determinata, con le note di «felicità ti ho perso ieri e oggi ti ritrovo già…»
Il capo continuava a parlare, io cercavo di soffocare l’entusiasmo di Vasco con le note energiche di “Mission impossibile”, queste mi ricordavano che, prima di quel bel giorno di ferie, avrei dovuto chiudere la giornata con almeno due esiti positivi. Il mio sguardo e la mia attenzione, nonostante l’intermittenza sonora, rimasero fissi sul mio titolare, il famoso dott. Lukas. La mia mente, però, aveva trovato una serie di spiegazioni a quel grande atto di generosità: “Si sarà sicuramente liberato di quella nevrotica di sua moglie – pensai – che sta con lui da trent’anni solo perché quando si sono conosciuti doveva scegliere tra quello che oggi è un grande direttore di azienda un po’ libertino ma tutto sommato un ottimo partito, e un altro gentiluomo tanto gentile ma poco uomo.” Quest’atto di libertà nei nostri confronti era sicuramente correlato a una sua libertà personale. In effetti, quel giorno il mio capo aveva uno sguardo famelico, affamato di novità, sfoggiava un sorriso da ebete dopo una notte… quelle nottate che rimangono stampate in faccia anche dopo una settimana, perché inconsapevolmente non abbiamo ancora accettato che siano finite. Avevo quasi voglia di mettermi davanti a lui e fargli un balletto, di dirglielo a suon di musica che anch’io ero felice. La vita quella mattina era veramente un carnaval, come cantava Celia Cruz in una delle sue più belle canzoni.
Pensandoci bene, aveva proprio ragione il dott. Luckas (almeno per una volta): un po’ di libertà era quello che serviva per non compromettere la produttività dell’azienda; mi sentivo entusiasta e sognante, nella mia testa avevo già l’elenco delle cose che avrei potuto fare. Era talmente tanto l’entusiasmo che per un momento mi ero estraniata da tutto e proprio in quell’istante la visione: una nuvoletta sulla mia testa mi vedeva come rapita in un sogno, con una rosa in bocca mentre accennavo un timido casqué. Nel mio sogno a occhi aperti mi trovavo tra le braccia di Carlos Gardel (che si era presentato, per me, senza quell’odiosa gelatina nei capelli): mi ero resa conto, però, che la mia allucinazione carnevalesca mi stava distogliendo dal discorso del mio capo. Abbandonai il mio mondo e ritornai, per così dire, sulla terra.
Decisi di concentrarmi nuovamente sulle parole del despota che, con aria tra l’ironico e l’istituzionale, sentenziava il provvedimento di libertà condizionata che prevedeva cinque giorni di ferie l’anno. Prima che il dott. Luckas avesse completato il discorso, i miei occhi, premurosi, cercarono il calendario. Era un giorno così memorabile che andava trascritto tra il concerto degli U2 a Roma, la presentazione del libro della mia amica Tilde e il quarantesimo anniversario di matrimonio dei miei. Tutte cose che mi piaceva avere sempre sott’occhio e che mi aiutavano a ricordare che ne avevo di motivi per essere felice! Presi la mia penna preferita e avvicinai il calendario ai miei occhi: incredula, lo guardai più volte, e iniziai a ripetere instancabile, equivoco, equivoco, equivoco, quello che leggevo era il 14 febbraio. Il giorno di San Valentino! La nuvoletta che dapprima volteggiava sulla mia testa e che avevo saggiamente messo in standby, la stessa che raffigurava il mio sogno tanghero con il maestro Gardel, esplose! Sul pavimento solo pezzi di gelatina. Anche Gardel aveva mentito! Infame! La voce di Vasco riprese possesso del quadrilatero del mio ufficio, le note di “Non sopporto” contribuivano a esprimere musicalmente le mie sensazioni. In quel momento pensai: “Brutta serpe del mio capo. Non ci concede mai un giorno di ferie e oggi si sveglia e puff, ci manda in ferie proprio il giorno di San Valentino. Che rabbia!”
Era incredibile perché il dott. Luckas, normalmente, ci faceva lavorare anche la vigilia di Natale, quando la mia testa era già virtualmente appesa all’albero. A causa dei “lavori forzati” ai quali ci costringeva, ogni anno facevo tardi alla fantastica cena della vigilia, che mamma preparava con tanto amore invitando le mie sorelle Arianna e Carlotta, entrambe felicemente sposate e i miei zii Teodoro e Lucrezia. Ogni anno, da quando lavoravo lì, si ripeteva sempre la stessa storia. Non appena aprivo la porta di casa, trovavo tutti addobbati in veste natalizia. Le mie sorelle spuntavano con degli abitini succinti comprati per l’occasione, i loro figli erano già tutti sistemati sotto l’albero dalle cinque del pomeriggio aspettando lo scarto dei regali, mia madre, altra povera reclusa, lavorava in cucina da una settimana per preparare la cena, che si sarebbe poi consumata in un’ora scarsa. Arrivavo sempre con lo sguardo basso e l’aria colpevole, piena di regali che avevo comprato un’ora prima in un centro commerciale di fiducia, aperto per chi come me era costretto a vivere la vita tra una pausa pranzo e una pausa caffè. Appena entrata i miei nipoti mi assalivano: i più piccoli volevano giocare, le più grandi avevano sempre cose da raccontarmi, le mie sorelle mi tempestavano di domande, i miei cognati non dimenticavano mai di ricordarmi che, anche quell’anno, il posto dedicato alla mia dolce metà sarebbe rimasto vuoto e non avevano poi tutti i torti.

***

Ogni tanto mi tolgo gli occhiali
di Cristina Amato
2016, 150 p.
13Lab (Milano)
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27 Commenti

  1. Il tempo questo soggetto invisibile che scivola nelle nostre mani troppo velocemente è lui che inesorabile gestisce la nostra vita .Trovo questo romanzo affascinante accattivante emozionante un buon metodo per riflettere su tante cose le quali troppe volte neanche ci rendiamo conto ci scivolano dalle mani a volte mi domando non sarà il caso di fermarsi a pensare?chissà come finirà mi piacerebbe arrivare alla fine dell’ultimo capitolo e ne sono certa sarà fantastico

  2. Di solito leggo thriller,ma questo libro mi ha colpito subito per la copertina (sarà che anche io porto gli occhiali!) e poi per ciò che ho letto.
    Mi incuriosisce molto anche il fatto che è scritto in prima persona, non mi è mai capito di leggerne,chissà se magari è la volta buona.

  3. Il libro sembra molto interessante mi piacerebbe leggerlo e scrivere una bellissima recensione su questo sito e magari anche sul mio canale instangram e dirlo ai miei amici

  4. Lo stile moderno, in prima persona, con una freschezza che rende la lettura scorrevole e piacevole mi fa accendere la voglia di leggere questo libro

  5. L’autoironia è una qualità che apprezzo molto nelle persone. Questo romanzo è davvero fresco, giovane e interessante! Mi piacerebbe leggerlo!

  6. Mi piacciono i libri scritti in prima persona, mi piace la protagonista moderna. Mi piacerebbe leggerlo, perché ogni tanto mi tolgo gli occhiali anch’io!

  7. Interessante l’incipit del libro, l’uso della prima persona. Ora mi resta la curiosità di sapere come andrà a finire la storia!

  8. Che bello che sembra il personaggio di Alice! Mi pare di conoscerla….è una donna dei nostri tempi! Questo libro mi ha subito colpita!

  9. L’autoironia è lo strumento più giusto per affrontare l’inesorabile scorrere del tempo. Non possiamo impedire che il tempo passi ma possiamo decidere come impiegarlo, ad esempio leggendo questo libro. Il personaggio di Alice incarna molto bene lo stato d’animo di tutte noi, almeno il mio. Mi piacerebbe leggere delle sue avventure per capire come affrontare nel migliore dei modi lo scorrere della vita.

  10. L’incipit è quello che mi ha colpito di più tra quelli letti su questa pagina. Mi ha incuriosito più che altro, spero di poterlo leggere tutto =)

  11. Spesso scegliamo un libro già per il titolo che porta. E questo è un libro dal titolo davvero intrigante, che incuriosisce ed invita all’approfondimento. L’incipit infatti non delude e mi scatena la voglia di saperne di più! Mi farebbe davvero piacere leggerlo!

  12. Di norma la prima persona non mi entusiasma molto, eppure c’è qualcosa nell’incipit che mi ha portata a leggere voracemente le parole, ad analizzarle e a farmi chiedere: e…? Attesa anche da parte mia che ho letto e sono rimasta appesa e curiosa di sapere che ne sarà di quel 14 Febbraio che, personalmente, non amo particolarmente nemmeno io, ma effettivamente non amo nemmeno il Natale, però… Che succede alla protagonista?
    Scrittura molto semplice, nessun parolone (almeno nell’incipit), azzardo dicendo che potrebbe essere adatto ad un pubblico anche ben più giovane, proprio per la semplicità letteraria.

  13. Racconto leggero, ironico, molto piacevole già dall’incipit. Probabilmente quella di Alice è una situazione che accompagna molte di noi, giovani donne moderne. Ma chissà quali situazioni dovrà affrontare… E’ scontato, ma sarei felice di leggerlo.

  14. Mi piace molto già dall’incipit questo romanzo la cui lettura scorre piacevolmente. Avverto quella leggera autoironia e mi sembra di vedermi immersa nelle parole dell’autrice e di riconoscermi nella protagonista del romanzo. Mi piacerebbe tanto poter leggere il resto!

  15. Per me ALICE è la donna di oggi: ironica, vive di sogni, stanca della realtà, capace di viaggiare con la mente per evadere dalla solita quotidianità. In lei mi ci identifico molto.
    Il romanzo sembra essere molto scorrevole, divertente in alcuni tratti, proprio una bella e sana lettura adatta a me! Mi piacerebbe tantissimo leggerlo. Intanto, mi limito a conoscere meglio l’autrice 🙂

  16. Seguo la sua pagina facebook da un pò di anni e adoro il modo in cui scrive!
    Penso che la citazione iniziale dell’estratto sia il perfetto commento al suo talento: L’autoironia è la forma più alta di sincerità.

    Non vedo l’ora di leggere altri suoi romanzi: speriamo di non dover aspettare troppo!!!

  17. Il titolo di questo romanzo può sembrare ironico, divertente, ma poi leggendo l’anteprima, mi ha dato l’impressione che sia il tema principale. Alice è una ragazza a cui piace viaggiare con la fantasia e si “perde” nelle sue riflessioni mentali. Ogni tanto, però, è costretta a ritornare alla realtà, alla vita di tutti i giorni, che non sempre è come vorrebbe, anzi quasi mai. Mi sento molto simile ad Alice… abbiamo molte cose in comune. Sono sicura che questo romanzo sia una lettura molto piacevole e che alla fine ci sarà un significato importante e non solo per Alice…

  18. Ogni tanto mi tolgo gli occhiali è un romanzo che racconta la vita di una donna stanca della propria routine e quindi viaggia con la mente. La protagonista comunque cerca di rimanere con i piedi per terra, il tutto tra il tempo e l’attesa, quindi tra il presente e il futuro.

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