lunedì, 2 Ottobre 2023
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Specchio Segreto di Aldo Dalla Vecchia

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Specchio Segreto di Aldo Dalla Vecchia

Questo libro vuole essere un omaggio alla TV fin dal titolo “Specchio segreto” come il programma cult di Nanni Loy degli anni Sessanta, è scritto nel risvolto di copertina. Un volume ricco di interviste e di racconti inediti sui personaggi noti che hanno animato la TV durante le sue sessanta primavere. Aldo Dalla Vecchia, con tratto deciso, scrittura chiara e abilità di ottimo giornalista, ci offre ben sessanta interviste scelte tra le centinaia che l’autore ha effettuato durante la sua attività professionale come autore dietro le quinte dei programmi televisivi. Il volume è arricchito anche dalla premessa di Maurizio Costanzo e da un’intervista inedita a Pippo Baudo. Sfilano in una galleria sorprendente, ritratti di personaggi che attirano, catturano l’attenzione e affascinano. Inoltre l’autore con mirabile abilità dà un suo perfetto tocco personale al tutto, sceneggiando episodi e scavando a fondo dei fatti narrati. Scrive Aldo Dalla Vecchia: “Grazie a TV Sorrisi e Canzoni, realizzai un sogno d’infanzia, ho intervistato veramente tutti e nei contesti meno convenzionali: in crociera nel Mediterraneo insieme a Rita Pavone e Teddy Reno; alla festa milanese per i 90 anni di Nilla Pizzi; nella Plaza de Toros di Madrid con Miguel Bosé; sopra un trattore alla cui guida c’era Gino Paoli che andava a raccogliere le olive nella sua tenuta in Maremma; in prima fila a Modena alla vernice di una mostra di Amanda Lear… Ma il personaggio del cuore è uno: Mike Bongiorno. Come raccontavo all’inizio, sono cresciuto con lui e i suoi programmi.” Leggere questo libro mi ha veramente entusiasmato sia per la scrittura che scorre leggera e piacevolmente snella, sia per le ottime interviste e racconti inediti che invitano alla lettura e conoscenza di cose nuove. Sfilano pian piano tra le pagine di questo mirabile “Specchio segreto” in una serie di “incontri ravvicinati”, Mike Bongiorno, Raffaella Carrà, Maurizio Costanzo, Jonny Dorelli, Raimondo Vianello, Sandra Mondaini, Loretta Goggi, Paolo Limiti, Gianni Morandi, Enza Sampò e poi ancora Lorella Cuccarini, Piero Chiambretti, Barbara D’Urso, Fiorello, Alessandro Cecchi Paone, Marco Columbro e numerosissimi altri. Lascio al lettore la scoperta di queste stupende pagine in un’appassionante e piacevole lettura di sessant’anni di TV, dal 1954 al 2014. Nicla Morletti

Anteprima del libro

Arrivi e partenze

Il primo programma della televisione italiana è Arrivi e partenze, in onda domenica 3 gennaio 1954 alle 14,30, protagonista, nel ruolo di intervistatore, Mike Bongiorno (sì, c’era già lui), che avvicinava all’aeroporto personaggi famosi di tutto il mondo di passaggio nel nostro Paese.
Invece, la mia prima memoria televisiva, per ragioni anagrafiche, risale a un bel po’ di tempo dopo, anche se il piccolo schermo è ancora in bianco e nero: Pippi Calzelunghe, nel 1970. Non avevo nemmeno due anni, e trascorrevo lunghi periodi dalla nonna e dal nonno materni, che vivevano nella dépendance di una villa veneta. Avevo un parco enorme e bellissimo tutto per me, il nonno che mi adorava e mi riempiva di regali (ricordo ancora una mini bicicletta rosso fiammante e le palline di gomma colorate) e, in cucina, un piccolo televisore di plastica arancione con sopra un’antenna, che a me sembrava formata da tante capocchie di fiammifero giganti. Nella solitudine quasi perfetta di quei lunghi giorni di lontananza da casa, intervallati dalle visite sporadiche di mamma e papà, non vedevo l’ora che arrivassero le sei del pomeriggio della domenica, quando il Programma Nazionale (a quei tempi Raiuno si chiamava così) trasmetteva le avventure di Pippi, e io ero pazzo di lei, e non mi stancavo di immaginarmi in sua compagnia a Villa Villacolle, insieme alla scimmietta Signor Nilsson e al cavallo Zietto.
Nei primi anni Settanta, quand’ero bambino, la televisione aveva due soli canali, il primo e il secondo, e la settimana era scandita da appuntamenti istituzionali e imperdibili. Il momento sacro numero uno era il film del lunedì sera, che ha accompagnato la mia infanzia, e mi ha permesso di vedere tutti i capolavori (e non) della Hollywood degli anni d’oro, divisi per cicli e monografie: John Wayne (che mia nonna pronunciava “Giòn Vaine”) e Gary Cooper, Rita Hayworth e Katharine Hepburn, Shirley Tempie e Bette Davis. Il giovedì era il mio giorno prediletto, perché usciva il “Corriere dei Piccoli”, che correvo a comperare in edicola in una pausa dei compiti pomeridiani, e perché la sera, cascasse il mondo, trasmettevano il quiz di Mike Bongiorno. La mia settimana televisiva terminava la domenica, che non era tale senza Discoring, di cui adoravo la sigla con Gloria Piedimonte che si dimenava sulle note di Baila guapa di Gianni Boncompagni, e soprattutto la prima Domenica in condotta da Corrado. Quando, nell’estate del 1978, lui e la sua valletta Dora Moroni ebbero un grave incidente d’auto che lasciò lei in fin di vita, non mi diedi pace per settimane, come se la tragedia fosse capitata a un parente stretto.
I programmi preferiti della mia infanzia sono stati Furia e Orzowei, Ellery Queen e Rin Tin Tin, La casa nella prateria [il primo titolo con cui venne trasmesso in Italia, sulla Rete I, era La piccola casa nella prateria, nda] e La famiglia Bradford [il primo titolo con cui venne trasmesso in Italia, sulla Rete 1, era Otto bastano, nda], George e Mildred e Mork & Mindy, Tre nipoti e un maggiordomo e Happy Days. Il cartone del cuore fu Heidi; quello della vita, Candy Candy. Della tivù dei ragazzi mi piaceva Il dirigibile, con Mal nella parte del capitano e Maria Giovanna Elmi nelle vesti della fata Azzurrina. La sera a casa mia non si cenava senza vedere (e ascoltare) le previsioni del tempo del colonnello Bernacca (solo anni dopo ho saputo che il suo nome era Edmondo). In fondo alla mia personale classifica di gradimento c’erano: 90° minuto con Paolo Valenti, in special modo la sigla con la musica isterizzante e l’immagine dello stadio che si riempiva in pochi secondi; gli intervalli con le cartoline dei paesi, che avevano il potere di incupirmi e, sopra ogni altra cosa, la voce monotona e tetra che ogni sabato pomeriggio scandiva i nomi delle città d’Italia e i numeri delle Estrazioni del lotto.
La fine degli anni Settanta segnò per noi piccoli telespettatori un passaggio epocale e uno choc assoluto ma benefico, con l’arrivo dei programmi a colori e la nascita delle tivù private, una su tutte Telemilano 58, la futura Canale 5, dove ritrovai molti dei miei beniamini. Il primo ad attraversare il Rubicone televisivo fu Mike, con I sogni nel cassetto. Dopo di lui, arrivarono Loretta Goggi, Sandra Mondaini e Raimondo Vianello, Corrado, Maurizio Costanzo: tutti transfughi dalla Rai. Ecco qualche titolo di quel periodo ormai remoto tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, pescando a caso nella memoria: Popcorn e Superclassifica Show, Dallas e Uccelli di rovo, Sentieri e L’uomo di Atlantide, Mary Tyler Moore e Phyllis, Il pranzo è servito e i siparietti del pupazzo Five, che con la voce di Marco Columbro e l’accompagnamento al pianoforte di Augusto Martelli, scandiva quello che a me sembrava un richiamo irresistibile: «Corri a casa in tutta fretta / C’è un biscione che ti aspetta».
Per tutta la mia giovinezza sono stato un onnivoro di televisione, anche se mai avrei immaginato che un giorno ci avrei lavorato, e molti dei miei beniamini li avrei conosciuti, intervistati, frequentati. Successe tutto quando avevo poco più di 20 anni e già collaboravo come giornalista con un settimanale allora famoso, «Epoca», che adesso non esiste più.
Il    direttore, Roberto Briglia, mi disse che a Canale 5 cercavano giovani autori per un nuovo programma di attualità e spettacolo che si sarebbe chiamato Target. Il venerdì pomeriggio mi presentai al colloquio, il lunedì mattina partecipavo alla riunione di redazione, il martedì uscivo con la troupe e il regista per girare il primo servizio televisivo) della mia vita, un ritratto sopra le righe di Fabio Lanzoni, un ragazzo milanese con il corpo da Big Jim biscottato e i capelli lunghi mediati che allora furoreggiava in America come modello per le copertine di libri rosa. Passai l’intera giornata andando in giro con un cartonato a grandezza naturale di Fabio in slip, chiedendo alle signore che incontravo se sapevano chi era, e che cosa gli avrebbero eventualmente fatto.
In televisione ci entrai così: per caso e con rapidità. Per quanto possa sembrare strano o paradossale, mai prima avevo pensato di lavorare dietro le quinte dei programmi, anche se il piccolo schermo è sempre stato la mia passione e il mio pane quotidiano fin da bambino. Forse lo desideravo a tal punto che non ho mai fatto niente perché si avverasse. Per fortuna ci ha pensato il destino. Dopo Target, che andò avanti per sette edizioni, ho firmato decine di altri programmi, per Rai, Mediaset, Sky, e molte altre tivù. Allo stesso modo, dopo «Epoca», ho scritto per tanti altri giornali, uno su tutti «TV Sorrisi e Canzoni».
«Sorrisi» è il settimanale che leggevo e conservavo fin da quando ero piccolo, e “il mondo dello spettacolo”, come viene chiamato, era già in cima ai miei pensieri. Nessun altro giornale, per me, ha saputo raccontare in modo così puntuale e attento il legame fra televisione ed evoluzione dei costumi. Nel 1978, per illustrare un’inchiesta intitolata “Gli italiani e il sesso”, «Sorrisi» mise in copertina Raffaella Carrà, allora in testa alle classifiche con Tanti auguri (Com’é bello far l’amore da Trieste in giù), vestita da Italia, con le Alpi come décolleté, una borsetta a forma di Sardegna, e la Sicilia stesa ai piedi a mo’ di tappetino. Ancora oggi la considero una cover geniale. Per questo, quando iniziai a scrivere su «TV Sorrisi e Canzoni», realizzai un sogno d’infanzia.
Grazie a «Sorrisi» ho intervistato veramente tutti e nei contesti meno convenzionali: in crociera nel Mediterraneo insieme a Rita Pavone e Teddy Reno; alla festa milanese per i 90 anni di Nilla Pizzi; nella Plaza de Toros di Madrid con Miguel Bosé; sopra a un trattore alla cui guida c’era Gino Paoli che andava a raccogliere le olive nella sua tenuta in Maremma; in prima fila a Modena alla vernice di una mostra di Amanda Lear; al telefono con Moira Orfei in ambulanza, appena colpita da un ictus.
Ma il personaggio del cuore è uno: Mike Bongiorno. Come raccontavo all’inizio, sono cresciuto con lui e i suoi programmi. Il giovedì era tale perché la sera sul “primo”, come si diceva a casa mia, c’era il quiz di Mike, si intitolasse Rischiatutto, Scommettiamo? o Flash. Per me e milioni di altri bambini italiani che alla fine degli anni Settanta passavano dall’infanzia all’adolescenza, Mike è stato una sorta di meraviglioso Caronte catodico che con il suo entusiasmo, le sue gaffes, la sua naiveté, le vallette di cui sapevo a memoria l’elenco completo, ci traghettava dalla tivù pubblica, così grigia, ingessata e noiosa agli occhi di noi piccini, a quella privata, infinitamente più colorata, moderna, vivace.
Per questo, forse, la prima volta che in età adulta vidi Mike dal vivo, rimasi muto e come imbambolato, cosa che per fortuna non mi è mai più successa con nessun altro. Mi trovavo negli studi Mediaset, allora Fininvest, di Cologno Monzese per intervistare sua moglie Daniela Zuccoli, che debuttava come autrice di un programma, quando entrò lui, riempiendo la stanza con la sua presenza: alto, gonfio, i capelli cotonati, l’abbronzatura color terracotta. Parlò brevemente con la moglie, mi fece un veloce cenno di saluto… e io rimasi impietrito e con la bocca aperta, vergognandomene moltissimo.
La seconda volta andò meglio, ma fu sempre all’insegna del nonsense. Era il 1997, l’anno del suo grande ritorno come presentatore al Festival di Sanremo. Io lo aspettai un mattino presto, con regista e telecamera, fuori dall’albergo. Mike uscì dalle porte girevoli, mi squadrò da capo a piedi, fissò la mia barba e i miei capelli lunghi, poi esclamò: «Ma lei è Gesù!». Quindi mi chiese: «Da dove arriva?», intendendo da quale trasmissione. Io però gli risposi: «Da Chiampo, Vicenza» (il mio paese d’origine) con un accento veneto che allora avevo molto spiccato. Fu un incontro esilarante.
La terza e ultima volta fu nel 2007. Lo andai a trovare a casa sua. Lui aveva 83 anni, e presentava II migliore su Rete 4. Quel pomeriggio di maggio, sprofondati sui divani del suo salotto, mentre ogni tanto, a turno, facevano capolino sua moglie Daniela che sembrava molto più giovane di quando l’avevo vista tanti anni prima, e il figlio Leonardo (detto Leolino) che reclamava la paghetta, ebbi finalmente modo di chiedergli nel dettaglio tutto quello che volevo e sapevo, da Arrivi e partenze, quel suo primo programma che aveva inau-gurato la TV, in poi. Mike gongolava e rispondeva beato: più che un’intervista sembrava un quiz sulla sua vita, e lui era fuori di sé dalla gioia perché tutte le domande che gli facevo erano esatte. Ogni tanto, durante la conversazione, vedevo che si portava il telefonino all’orecchio e parlava con qualcuno. Scoprii alla fine, grazie al tassista che mi caricò sotto casa di Mike e aveva ascoltato tutto alla radio, che dall’altra parte c’era Fiorello (in diretta, ma io non lo sapevo), con Viva Radio 2.
L’8 settembre 2009, quando Mike morì, mi telefonarono per dirmelo, ma mi rifiutavo di crederci, mi sembrava impossibile. Per me, come per chiunque, era immortale. E in un certo senso è così. Tutti coloro che hanno reso grande il piccolo schermo e che adesso non ci sono più, da Alighiero Noschese a Corrado, da Enzo Tortora a Sandra Mondaini e Raimondo Vianello, vivranno per sempre nell’etere e nella nostra memoria, oltre che nei nostri cuori. Potenza della tivù, che vive un eterno presente. È per questo forse che i primi sessant’anni della televisione italiana mi sembrano da una parte un’enormità, e dall’altra un’inezia. Buon compleanno, cara, vecchia, adorata TV!
Aldo Dalla Vecchia

***
Specchio Segreto.
1954-2014: sessant’anni di Tv, sessanta personaggi, sessanta interviste
di Aldo Dalla Vecchia
2014, VII-298 p., brossura
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Premio Letterario Internazionale Il Molinello
Premio Il Molinello 2015 per il Giornalismo Televisivo

7 Commenti

  1. Ringrazio l’autore per questa anteprima, sono molto giovane ma leggendo mi sembra di ascoltare i miei genitori raccontare del loro modo di vivere la tv, sarà interessante ripercorrere questa storia che ci ha sconvolto e cambiato la vita per sempre.

  2. Che meraviglia leggere questa anteprima del libro. Sono 3 anni più grande dell’autore quindi mi sono riconosciuto in tutte le sue prime “esperienze” televisive. Mi sono rivista bambina ad aspettare la nuova puntata di Pippi Calzelunghe. Veramente un libro interessante, ben scritto e scorrevole che mi farebbe piacere leggere per scoprire aspetti della televisione a me sconosciuti.

  3. Da quando ho memoria, sono una fan sfegatata della TV. Guardo di tutto, dal programma demenziale a quello più impegnato. Questo libro farebbe al caso mio! Mi piacerebbe veramente poterlo leggere.

  4. La storia della TV dalla mia infanzia ad oggi!!!
    Mi piacerebbe molto immergermi nei ricordi e fare un tuffo nel passato!
    Maria Grazia

  5. Molto interessante per un’appassionata di linguaggio televisivo e di comunicazione come me!
    Purtroppo durante i miei studi universitari non era disponibile un simile testo, sarebbe stato senz’altro interessante!
    Mi piacerebbe molto leggerlo!
    Cordiali saluti,
    Barbara

  6. Ricordi d’infazia che ritornano… il passato che riaffiora attraverso questo spaccato televisivo di qualche anno fa… un quadro profondo ed intenso del nostro passato, dipinto con tinte forti… complimenti, questo libro dev’essere davvero da non perdere!!

  7. Ci sono libri preziosi, ricercati ; e libri che si divorano in una notte, diventata insonne per la bramosia di scoprire riga dopo riga. Difficilmente le due versioni s’ accoppiano.
    Fà eccezione questo volume di Aldo Della Vecchia, che gradirei gustare pagina per pagina e poi incoronare con una recensione.
    Grazie.
    Gaetano

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