Toscana. Omaggio a San Vittore di Mauro Montacchiesi è una raccolta di poesie, saggistica breve e recensioni che riguarda personaggi nativi della Toscana o ad essa strettamente collegati
Toscana. Omaggio a San Vittore di Mauro Montacchiesi, viaggio nella memoria dedicato a personaggi unici e peculiari della cultura e dell’arte toscana
Toscana. Omaggio a San Vittore di Mauro Montacchiesi rispecchia la personalità eclettica ed i molteplici campi di interesse dell’autore che spaziano dall’Arte alla Letteratura, dalla ricerca documentaria alle contaminazioni tra modi espressivi differenti, dalla mitologia all’analisi psicoanalitica, dalla storiografia alla filosofia, dalle pluralità linguistiche al linguaggio della poesia.
Un’opera composita, multiforme, dall’architettura complessa ed articolata, di ampio respiro, dove la complessità non indica difficoltà di decifrazione, ma è sinonimo di molteplicità di temi che favoriscono anche una varietà di percorsi di lettura. Il Testo nasce dall’esigenza dell’autore di “re-incontrare” tutte le persone, poeti scrittori artisti toscani o alla Toscana collegati, che hanno lasciato una traccia nella sua esistenza, dialogando insieme, condividendo idee ed interessi, arricchendo il suo bagaglio umano e culturale, schiudendo nuove prospettive sul presente. Un viaggio nella sua memoria intima, personale, affollata di figure, uniche e peculiari. A ciascuna di esse l’autore si sente legato da un forte senso di appartenenza e di amicizia. Ad ognuna di esse desidera rendere omaggio. La metodologia adottata è stata quella di raccogliere insieme tutti gli scritti, le monografie, le riflessioni, i pensieri, gli spunti, le tracce di interventi, le memorie di piccoli e grandi fatti prodotti in un ampio arco di tempo su autori conosciuti o appartenenti al passato. Ne è scaturita un’opera unica e singolare, ricca di incontri, di profonde corrispondenze, che può efficacemente compendiare un cospicuo tassello del suo vastissimo e variegatissimo mosaico culturale.
(dalla riflessione proemiale della Prof.ssa Bianca del Mastro)
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Estratto da “TOBINO MARIO, PSICHIATRA E SCRITTORE”
TOBINO IN BREVE
Letterato peculiarmente fecondo, Mario Tobino debuttò in primis in quanto poeta, per poi consacrarsi in quanto prosatore. La sua produzione letteraria è contraddistinta da un icastico e reiterato ricorso ad elementi ed a riferimenti auto-narrativi, nonché da una cospicua tematica socio-psicologica. Tobino, definito più volte “letterato aberrante”, fu anche scienziato o, più esattamente, psichiatra “iconoclasta”! Prim’ancor che letterato, nell’accezione più rigorosa del termine, Tobino fu, appunto, uno scienziato e ciò gli consentì, verosimilmente, di interpretare l’Arte delle Lettere non rigidamente come una professione, bensì come un inconfutabile diletto, ergo, non interpretando le Lettere come attività lavorativa, preservò un quid puramente primigenio, ovvero incontaminato, nelle sue composizioni. Molto probabilmente si deve a tutto ciò la sua “disorganicità” da canoni letterari e/o politici. Le forze motrici dell’esistenza di Tobino furono, principalmente, due: i suoi “matti” e la sua “letteratura”! Per i suoi “matti” preservò sempre la stessa immane deferenza che preservò per la sua “arte” e per la sua “arte” preservò sempre la stessa deferenza che preservò per i suoi “matti”! Tobino fu depositario del carisma geneticamente immanente, del dono soprannaturale di valere a penetrare, ad interpretare i meandrici plessi della LABIRINTICA mente dell’Uomo, nonché dell’inusitato magistero nel trasporre tutto ciò in sublime ed aulica Letteratura, potendolo definire un “epistemologo della letteratura psichiatrica”, vale a dire un “filosofo della scienza psichiatrica”!
DONNE
L’ardente, turbolenta, rossa fiamma della passione, per Mario Tobino, fu la moglie di Adriano Olivetti, nonché sorella di Natalia Levi Grinzburg: Paola Levi. Viareggio era tempestata da una fitta gragnuola di bombe alleate ed era d’uopo che venisse al più presto evacuata. Si stava dolorosamente vivendo il penultimo anno di guerra. Mario e Paola, già infelice, bovaristica moglie di Olivetti, avevano un’intensa relazione sentimentale da almeno un paio di anni. Nel 1960 Adriano Olivetti morì e da allora Mario e Paola ebbero una situazione “normale” e divisero insieme la maggior parte della futura vita. La coppia non approdò mai al matrimonio, nondimeno Paola divenne il pivot esistenziale, il “periscopio” di Tobino. Paola fu spesso mentore e, nel contempo, eminenza grigia di Mario, al quale fu di grande ausilio nelle interazioni con il complesso milieu culturale. Paola lo patrocinò e lo sostenne nel suo “cursus honorum” di scienziato e di letterato. La Levi significò, per Mario, una grande omeostasi psicologica e sentimentale, elemento, questo, inderogabile per un soggetto avvezzo ad una tetragona dicotomia esistenziale tra “follia” e “letteratura”! Mario: un uomo passionalmente focoso! Paola: una donna dal temperamento pacifico, quieta e pacata, che seppe dar forma, concretizzare e canalizzare le energie di Mario, dandogli certezze e, soprattutto, tanto “Amore”. Quasi un riequilibrio di ciò che Mario aveva dato ai suoi “matti”! Quando Paola morì, Mario Tobino si stabilì a Lucca, dove visse, per cinque anni, fino alla sua morte, nel 1991. Il grigiore esistenziale di Tobino venne “sfumato” dalla vicinanza e dall’abnegazione di Antonia, figlia del critico letterario Silvio Guarnieri. Antonia garantì a Tobino appoggio e tranquillità. Antonia, essendo nata ed essendo stata educata nei cenacoli frequentati dal padre, si era già incontrata con Tobino negli anni Sessanta, in Versilia, in generale, e nelle trattorie di Viareggio, in particolare. I due entrarono in maggiore intimità sul finire del 1964, quando Silvio Guarnieri condusse la figlia precisamente da Mario, onde riceverne un consulto professionale, medico. Il Tobino-psichiatra asserì che la personalità e l’ingerenza di Silvio nella sfera privata di Antonia erano pletoricamente gravose e che questa, per il suo bene, doveva recidere il cordone. Quando “Il clandestino” venne pubblicato, Tobino restò deluso dalla bocciatura dell’amico critico ed il loro sodalizio subì una grossa, insanabile frattura. Caldeggiata e spronata dal marito, l’indecisa Antonia, in una rigida giornata dell’inverno lucchese, trovò il coraggio e telefonò a Tobino, che le offrì la sua amicizia e la sua assistenza. L’abitazione di Tobino, per Antonia, divenne un focolare domestico. La frequentazione con Mario, l’addentrarsi nella sua vita, il seguirlo in più parti, con considerazione, ammirazione, riconoscenza, riuscendo a stralciare anche brandelli di attimi dalle sue incombenze quotidiane, fecero si che Antonia maturasse un’esperienza esistenziale e dottrinale che mai avrebbe neanche lontanamente considerato o vagheggiato. Per prima cosa, lo scrittore, la chiamò in causa per quel che concerneva la revisione ed il controllo dei canovacci delle sue opere letterarie. Tobino diede alle stampe “Tre amici” nel 1988 e “Il manicomio di Pechino” nel 1990. Così, gradualmente, lasciò che Antonia penetrasse lentamente nella propria esistenza, nella propria anima. La rese partecipe dei propri vezzi, delle proprie frequentazioni a livello di amicizia o di semplice conoscenza, dei propri interessi da erudito intellettuale. Ma, elemento estremamente topico ed emblematico, a lei dissuggellò i meandri della propria vita che era stata, delle proprie ansie ed angosce, figlie della vecchiaia incombente, di quella vecchiaia che defraudava di ogni energia vitale, di quella vecchiaia che intercludeva la capacità di sopportare gli eventi, i sentimenti eccessivamente vibranti. Un lustro passato accanto a Mario, a “Nina”(come la chiamava lui) fece scoprire fino in fondo l’immensità animica, spirituale, umana, affettiva del Grande Uomo, pur non occultando le sue paranoie come, ad esempio, la sregolatezza degli orari dei pasti, in contraddizione con la sua fiscalità per la precisione negli appuntamenti, la vergogna ed il sentirsi umiliato nel momento della necessità di aiuto fisico. Ma il suo motivo di vita restava pur sempre il manicomio, le sue due piccole stanze. Permaneva, invariato, il grande disordine: documenti da copiare e sistemare, ed altro. Quaranta anni. Quaranta anni vissuti lì, rivolgendo tutte le sue attenzioni e tutta la sua scienza ai “matti”, componendo copiosa e preziosa letteratura. Leit motiv della sua letteratura, ovviamente, la “follia” (“Una segreta legge del Signore”, come la definì lui), il dramma delle vicende umane che lì si sviluppavano, la schiettezza dei “matti”, eterni fanciulli privi delle inibizioni sovrastrutturali. La lirica e la prosa di Tobino contengono e presentano sempre armonia e melodia, necessarie onde poter blandire il distacco dei parenti dei malati, il loro sentimento di mortificazione, il loro desiderio di “rimuovere”. Ma Tobino notò e descrisse anche l’ignobile attaccamento ed egoismo quando si trattava di incassare le pensioni di quegli stessi malati da “cancellare”! Antonia non mollò l’anziano Tobino e con lui si recò presso il manicomio di Maggiano, dove constatò de visu l’immane affetto dei “matti” per Tobino. A Tobino sono sempre stati manifesti anche i plessi più intrecciati e reconditi degli umani labirinti psico-esistenziali. Tobino non amava intrusi nella sua vita privata, specialmente i cronisti. Tobino era affascinato dall’abnegazione di Nina nei suoi confronti. Nina gli fu sempre accanto, lo vide lentamente consumarsi, ma, con suo grande disappunto, per volontà del fato (?), quel giorno ad Agrigento, quando Mario vi si recò per ritirare il Premio Pirandello, lei non fu presente. Era l’11 dicembre 1991.
Arte, poesia, sentimenti, scoperta di luoghi e lei..la Toscana! Anche io lo sono..Toscana. Un insieme di elementi che assicurano una lettura piacevole e sorprendente.
Io, essendo proveniente dalla magnifica regione Toscana, apprezzo già il libro dal titolo. Ma anche dalla copertina, poiché vi è rappresentata una delle più belle regioni italiane.
M’intriga il fatto che ci siano all’interno delle poesie che riguardano la regione Toscana, per l’appunto anche il design della copertina è stupendo!
Il libro mi ha già catturata dalla copertina e dall’anteprima perché mi piace molto che l’autore abbia dato al volume varie sfaccettature permettendo così di conoscere San Vittore con uno sguardo a 360°
Questo è un genere che mi è ancora nuovo eppure la presentazione di questa raccolta ha rapito la mia curiosità.
Ricevere l’opportunità di farmi travolgere in questo viaggio sarebbe un onore!
Un viaggio nell’Arte, con la A maiuscola, si perché la Toscana è la culla di tantissimi artisti che è sempre un piacere leggere e ricordare
Come si può non leggere un libro simile dove l’arte si sposa in mille modi differenti.Vivere queste emozionanti è un bellissimo viaggio da non perdere auguri Mariliana
Se si vuole fare un omaggio alla cultura e all’arte italiana, quale scelta migliore della Toscana? Una regione dai paesaggi bellissimi e che ha dato i natali a personaggi che sono un vanto per il nostro Paese! Questo è un libro nel quale immergersi e farsi rapire!
Un viaggio alla riscoperta di grandi emozioni.
Curiosa di intraprendere questo bellissimo viaggio della memoria. Andrò a leggere l’anteprima con molta curiosità e piacere