Sullo sfondo di 150 anni di storia italiana scorrono 150 anni di storia della Conca delle Murge, narrati attraverso una saga familiare, che parte dall’inizio del XXI secolo e sale indietro nel tempo.
Questo romanzo è una storia di paese. Ma anche di paesi, che stanno nella terra ai piedi delle Murge.
Paesi di case dai tetti a terrazza e vie lastricate di pietra, in cui anime belle e anime rie, cuori di coniglio e cuori di leone, nobili menti e ignobili intelletti hanno scritto la storia.
Questo romanzo è un atto d’amore per la terra delle Puglie. Un amore che non è irragionevole ma è “ragionato”. Si ama anche se si mettono in risalto i vizi dell’amato. In questo romanzo risaltano le luci della gente delle Murge ma non vi sono nascoste le ombre.
Proscenio di quest’opera, ch’è farsa e commedia, dramma e tragedia, è il paese di Collebuio. Dal suo nome si direbbe che Collebuio ha acclività di territorio e scarsità di luce. Invece, quello che appare non è. Come sono le genti delle Murge, come sono state e come, forse, saranno. La realtà non dice quel che dice l’apparenza. Nello specifico, la realtà dice che Collebuio è «piatta come una focaccia» e «sfolgorante di luce». Un paese levantino, che sta nella provincia di Levantinia.
Levantinia è città di marinai e di mercanti, un centro di traffici sempre più largo di promesse da marinaio, sempre più ricco di orecchie da mercante. Un crocevia del mondo dove popoli e religioni son passati ed hanno lasciato la dimestichezza a giocare con le parole, fino a chiamare «traslazione» il ratto di sacre reliquie di un santo “extracomunitario”, al quale si riserva devozione, che stride con l’avversione per gli extracomunitari.
Questo romanzo è un romanzo di destini. Destini di uomini e donne che si sono illusi di essere artefici del proprio destino. S’immagini questo romanzo come un grande quadro, sul quale sono stati pennellati tratti di storia della gente delle Murge. Una storia non sempre nota. Di un popolo che sa essere eroico e vigliacco, solidale ed egoista, avaro e prodigo e si gloria delle sue virtù ma si assolve dai suoi vizi. Che siano laici, che siano religiosi. Ai piedi delle Murge si pecca, col retropensiero che ci sarà sempre un’assoluzione a far da lavacro dei peccati.
Non sarà un caso se la terra delle Murge è terra di scirocco. Un vento caldo, che dalle Murge soffia verso il mare. Un vento che arroventa l’aria, mozza il respiro, infradicia la pelle e ottunde la mente. Un vento che rende tutto attaccaticcio. Incolla vizi e virtù di gente di mare e di monte, che abita nelle case dai tetti a terrazza.
Il vento caldo delle Murge narra la terra che vive ai piedi di quelle Murge che non sono più com’erano. Erano terre verdi, «terra madre» che sfamava i suoi figli, oggi sfruttata da figli degeneri, che l’hanno colorata di giallo e l’hanno resa itterica di cromo e di vanadio, di cloro e di cadmio.
Il romanzo è formato da tre parti. Nel Prologo c’è il presente. In Uno del Sud c’è il passato. Nell’Epilogo c’è un presente che va verso il futuro, accompagnato per mano da un vecchio. Un vecchio che, in un mondo portato a vivere un eterno presente, ha il dovere d’incitare i giovani a studiare il passato per costruire un futuro che non abbia i connotati tragici del passato.
Il romanzo si chiude con un inno alla speranza. Quale? Lo si capirà se si avrà la pazienza di leggere questo lavoro, di cui tutto si potrà dire tranne che si è risparmiato sulle parole.
Incipit del romanzo
FABER EST SUAE QUISQUE FORTUNAE?
Non è d’obbligo credere al destino, purché, poi, si abbia la capacità di spiegare, e in maniera convincente, le cause dei fatti che compongono, come tessere musive, il mosaico della vita di un essere umano, il quale non ne redasse preventivamente un disegno e quand’anche l’avesse fatto, il risultato sortito è stato difforme dai progetti, e per motivi indipendenti dalla volontà del progettista.
Due uomini, l’uno giovane, l’altro innanzi con gli anni, differenti fra loro per inclinazioni politiche ed appartenenze sociali, distinti per dissimili professioni praticate, sconosciuti l’uno all’altro per vivere ciascuno di essi in continenti diversi, non avrebbero mai ideato un loro incontro. Eppure accadde. Una volta accaduto, nessuno dei due avrebbe immaginato che le loro vite avrebbero intrecciate le fila di un racconto, che vuole alzare il velo su una storia rimasta per tanti anni avvolta nel mistero.
Da quell’incontro del tutto fortuito fra due uomini di diverso destino – ma basterebbe l’aggettivo «fortuito» a spiegarne compiutamente l’avvenimento? – prende inizio questo racconto. Un racconto di destini.
Gino Tanzi, di professione giornalista, é uno di quelli che credono al destino. Ci crede perché in nome del fato riesce a trovare la spiegazione, l’unica, a tutto quello che gli è capitato nella vita. Un’esistenza, la sua, che se n’è andata sempre per conto proprio, tenendo in non cale i desideri del legittimo proprietario, le sue volontà, le sue aspirazioni.
Il Vento caldo delle Murge
di Vito Errico
2015, 2 volumi, 1488 p.
Europa Edizioni
Amo le saghe familiari, questo romanzo m’incuriosisce molto, è possibile riceverne una copia? Grazie. Saluti. Elisa
Da fedele pugliese, sono curiosissima di leggere questo romanzo che, secondo me, farà riflettere molto sullo sfruttamento, a volte sbagliato, della nostra terra. Attraverso la penna dell’autore, sono sicura che sarà una storia che ci aiuterà ad aprire gli occhi sull’oggi per preservare il nostro futuro.
E’ tutto già scritto o possiamo essere “faber” di questa nostra vita? Le scelte di ognuno che si intrecciano al nostro piegarci sul mondo in cui siamo immersi…seppur incantevole come quello delle Murge.
Mi piacerebbe leggere questa sua opera…